21 aprile 2013

La responsabilità dei centenari

Voglio dire. Non solo sei arrivato a varcare la soglia dei cento anni. Che già questo, diciamocelo, è un'impresa. Cento volte il giro attorno al sole. Trentaseimilacinquecento albe. Trentaseimilacinquecento tramonti. No, non è da tutti. Oh, non voglio dire che chi si è fermato a novantasette sia da meno. Figurarsi.
E vogliamo parlare di quei poveracci che a novantanove tirano le cuoia? I Pete Best della longevità. Massimo rispetto, ma novantanove non è cento. La cifra tonda è tonda. Quella che conta.

Quando arrivi a quel traguardo devi capire che hai una grande responsabilità.
Sei arrivato a vivere cento anni, oltre tutte le aspettative di vita del mondo occidentale.
Ti sei fatto gioco degli istituti di previdenza e anche di quello stronzo di tuo genero che ogni giorno aspetta la telefonata di annuncio decesso per poter finalmente vendersi la tua casa.
Adesso hai gli occhi di tutti addosso.
La domanda è una sola.
Come hai fatto ad arrivare a questo importante traguardo? Quale stile di vita, quale abitudini?

Jeanne Louise Calment, donna francese che visse 122 anni e 164 giorni, ha fumato fino a 118 anni.
Sarah Knauss, supercentenaria statunitense di 119 anni e 97 giorni invece amava sgranocchiare cioccolatini, anacardi e patatine fritte.
Ergo, non rompetemi più le palle sulle mie sigarette o quando mangio patatine fritte.

Vedi? Hai una responsabilità.
Se domani un ultra centenario dichiarasse che da quando ha memoria ogni mattina appena alzato ha sempre piantato il pollice della mano destra nell'orifizio anale per circa un quarto d'ora, statene pur certi che stringere la mano alle persone diventerebbe un momento terrificante e pieno di pensieri oscuri.

Quindi, caro centenario. Prima di fare le tue dichiarazioni e rispondere alla famosa domanda, pensaci bene.

(...ma poi perché il pollice e non il mignolo??)

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