14 luglio 2013

La tortura svedese

Non ci andiamo spesso. Per fortuna. Non è in cima ai miei desideri. Ma manco nel mezzo. Fortuna che quelle poche volte che ci andiamo, tutto sommato, mi piace pure.
Quando io e Giovanna camminiamo lungo gli showroom, ci piace fare progetti per la nostra casa, discutere delle cose che andrebbero cambiate, curiosare nelle novità e, perché no, regalarci qualche oggettino nuovo.
Già. Sto parlando di Ikea.

E quando vado da Ikea mi capita spesso di fare una cosa. Ascoltare. Gli altri.
Mi avvicino con fare disinvolto ad un mobile facendo finta di interessarmi all'oggetto. Tipo che batto le nocche sul pannello di legno (gesto antico la cui origine si è persa nella notte dei tempi e la cui utilità oggi è nulla, ma fa tanto intenditore) o apro e chiudo le ante a cazzo, così.
Insomma faccio il tipo disinvolto. E intanto ascolto.
Lui e lei.

La scena di solito è sempre la stessa.
Lei. Armata di metro di carta, matita e foglietto. Sguardo fisso, pupille dilatate, agguerrita, assertiva, decisa. Lei, vuole.
Lui. Sfessato, ricurvo, monosillabico, spaesato, si vede lontano un miglio che nella sua testa stanno andando in onda in sequenza Birra-Poltrona-Mutanda-Rutto-PES-FIFA-Calciomercato-Motomondiale. Solo queste cose innescano in lui il rilascio di serotonina. Ma lui sa bene che c'è anche un rapporto con la sua donna da salvaguardare. E allora va a traino. Attento, o finge benissimo. Annuisce. E si prepara, ormai disilluso, alla successiva fase del martirio-montaggio di quelle trappole infernali che sono i mobili di Ikea.
Alcuni frammenti di dialoghi rubati:

Lei: "No perché io vorrei risolvere"
Lui: "...eh, vabbè. Ma proprio oggi..."
Lei: "No, perché risolviamo, capito?"

Lei: "Che ne dici, a me piace. Rosso. Lo prendiamo?"
Lui: "Ma forse il Verde..."
Lei: "Rosso"

Lei: "...perché così nella stanzetta questo lo mettiamo sulla parete della porta e poi portiamo quello in camera da letto così ci avanzano settantotto centimetri in cui io ci metterei questa colonnina da quaranta. Capito?"
Lui: "'ntottocentimetri..."

Lei: "Uh, guarda questo pensile che bello. Potremmo pensare di...mah...mi ascolti??"
Lui: "Guarda questo televisore!!"

Perché da Ikea ogni giorno va in scena un dramma. E non bastano tutte le polpette svedesi di questo mondo a placare la fame di giustizia di tutti questi uomini vessati e violentati dalle proprie compagne. Costretti a malavoglia ad imparare nomi astrusi tipo VITTSJÖ, LÖVBACKEN, STÅLSVIK, TRAÅTÅR (*).
Terrorizzati nello scoprire, dopo essersi smazzati sei ore di montaggio per una scaffalatura 100x40, che avanzano bulloni e viti (prontamente occultati pur di millantare un lavoro perfetto).

Prometto, uomini, amici, che quando diventerò Presidente della Repubblica farò inserire un articolo supplementare, nuovo, nella Costituzione, principi fondamentali.
Una cosa del tipo: L'Italia ripudia e ritiene incostituzionale portare il proprio marito o compagno da Ikea la domenica pomeriggio, specie se c'è il campionato di calcio o motomondiale, ritenendo tale atto una palese violazione dei diritti fondamentali dell'uomo. Medio.

(*) i nomi sono stati gentilmente offerti dal generatore casuale di nomi di Ikea

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