24 gennaio 2015

Perché "Napule è" non può essere l'inno del Calcio Napoli


Premessa. Necessaria.
Cos'è un inno e qual è la sua funzione. Brevemente, un inno è, solitamente, un motivetto (spesso di merda) con parole (quasi sempre di merda) con la funzione essenzialmente di dare una pomposità e una mitologia ad una comunità, sia essa territoriale, scolastica, religiosa o, come in questo caso, sportiva.

Negli anni molti club sportivi si sono dotati di un proprio inno ufficiale, cominciò il Milan di Silvio Berlusconi e a seguire tutti gli altri.
Noi, parlo del Calcio Napoli, per un periodo abbiamo avuto Nino D'Angelo con "Forza Napoli" tratta dal film "Quel ragazzo della Curva B", poi, nell'era De Laurentis, abbiamo utilizzato una bella canzone della nostra tradizione: 'O Surdato 'nnammurato (con nel mezzo un'esperimento di rifacimento di questa canzone da denuncia penale). Salvo poi annunciare, a seguito della morte di Pino Daniele, in un San Paolo gremito, in occasione della partita Napoli-Juventus, che la canzone "Napule è" sarebbe diventata l'inno della squadra partenopea.


Comprendo. Veramente.
Il momento era emozionante. Tutto lo stadio a cantare "Napul è" con la "sciarpata". A me è venuta la pelle d'oca. Anche perché la morte di Pino Daniele mi ha effettivamente turbato.
Ho provato quella strana sensazione, come se fosse morto uno di casa.
Però, cari conterranei, stiamo sbagliando. E se vogliamo che Pinuccio nostro (R.I.P.) non abbia di che contorcersi dove si trova adesso, potremmo cominciare col capire bene quello che ci ha voluto dire con le sue canzoni.
(e non credo che Pino Daniele avesse scritto questa canzone con l'intento di renderla un "inno")

"Napule è".
Questa canzone, cari miei, è una enorme, gigantesca, denuncia. E' una fotografia impietosa di Napoli, delle sue contraddizioni e della difficile situazione che vivono i cittadini napoletani.
Non può essere utilizzata per cartelloni pubblicitari (estrapolando frasi a cazzo).
Non può essere, soprattutto, utilizzata come Inno Ufficiale del Calcio Napoli.
Perché ogni volta sarebbe un mea culpa. Vi spiego.
Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napoli è mille colori, la complessità di una città che nei secoli veramente ne ha viste tante e non è certamente quella che si può definire una città "noiosa". Mille paure. Dalla criminalità, alla fatiscenza dei luoghi; dall'inquinamento alla povertà.
Napule è na' carta sporca
E nisciuno se ne importa
E ognuno aspetta a' sciorta
Attenzione. Passaggio fondamentale. Qui, se vi fosse sfuggito, Pinuccio ci/si fa una chiavica. Dicendo che siamo una popolo di fatalisti menefreghisti, incapaci di fare squadra per risollevare le nostre misere sorti, campando giorno dopo giorno "in attesa che si verifichi un Accadimento straordinario".
Napule è tutto nu suonno
E a' sape tutto o' munno
Ma nun sanno a' verità.
E io qui ci leggo una chiara denuncia alla stucchevole e ormai artefatta immagine di Napoli da cartolina, infarcita di armoniosi mandolini, pizze fumanti, sfogliatelle fragranti e saporite, sole caldo splendente e i pescatori di mergellina sorridenti, insomma la Napoli paradisiaca. Immagine che, appunto, è quella conosciuta (e ricercata) dal resto del mondo. Peccato che invece la quotidianità del luogo sia tutt'altra cosa, "la verità" è un'altra, e i suoi abitanti sono molto più simili alle statuine raffiguranti le anime del purgatorio, che si possono trovare nei tabernacoli lungo i vicoli di Napoli, eternamente divorati dalle fiamme e con uno sguardo di supplica della serie "speramm' ca' me va bbuon'"

Ecco.
Adesso capite perché penso che non è proprio il caso di utilizzare questa canzone come Inno?
Poi se non avete ancora capito, allora provate a sentire questa canzone (che mi ha fatto scoprire Malvino) che praticamente è una "Napule è", ma molto più esplicita:
Che dite? La usiamo come Inno la domenica allo stadio?


22 gennaio 2015

No more Loser

Io ieri sera ho visto tante belle cose.
Ho visto un gran bel sistema operativo, che verrà dato gratuitamente come aggiornamento da Windows 7 a salire. Bravi.
Ho rivisto il sosia di Amedeo Minghi con una pettinature un poco più sobria.
Ho visto un sistema operativo per smartphone sempre più bello. Bravi.
Ho visto un nuovo browser, nome in codice "Project Spartan" un poco come i trecento spartani che combattono contro i colossi persiani (Chrome, Safari) ma anche per una essenzialità dell'interfaccia. Bravi.
Ho visto Cortana inserito ovunque. E pare che funzioni veramente bene.
E poi ad un certo punto ho visto una cosa di quelle che ti fanno sussurrare a bassa voce "Minchia".
Un visore olografico. HoloLens. Roba che Minority Report è già archeologia.
Da capire quanto di quello visto di questo visore sia "reale" è quanto ancora sul sensazionalismo da presentazione.
Ma soprattutto ieri ho visto finalmente un'azienda nuova. Sobrietà e consapevolezza delle proprie capacità, senza strafare. Senza attaccare nessun competitor. Senza i toni da televendita.
Ieri si è vista per la prima volta il tocco di Satya Nadella, nuovo CEO di Microsoft, che forse sta riuscendo nell'impresa di scrollarsi da dosso quella patina di "FAIL" e "LOSER" che ha accompagnata per anni l'azienda di Redmond .
Microsoft è sempre stata un'azienda molto innovativa. Ma non ha mai saputo dimostrarlo.
Ieri sera, forse, la musica è cambiata.



21 gennaio 2015

[...]


Se ora tu bussassi alla mia porta
e ti togliessi gli occhiali
e io togliessi i miei che sono uguali
e poi tu entrassi dentro la mia bocca
senza temere baci diseguali
e mi dicessi "Amore mio,
ma che è successo?", sarebbe un pezzo
di teatro di successo.
(Patrizia Cavalli - Poesie (1974-1992), Einaudi Editore)

Essere Charlie col culo degli altri


Nel grande caos di questi giorni, tra una sfilata di trecento metri di tutti i capoccia sotto braccio nel centro di Parigi, uno sproloquio infinito di tutti sulla libertà di espressione (sì è giusto, sì è giusto ma, no non si offende, io sono Charlie!, no tu sei uno Stronzo!), il Papa (il PA-PA, non uno così) che dichiara che se uno gli offende la mamma, è normale che poi lui gli tira un pugno (sic!); in questo isterismo collettivo che a me ricorda tanto quando da piccolo andavo a cacare il cazzo alle formiche introducendo elementi di novità nel loro percorso operoso tipo una pietra, la suola della mia scarpa o l'alcol etilico, e le formiche impazzivano, smettendo di essere tutte ordinate e ligie; insomma, capirete, non siamo proprio tanto lucidi.
E quindi può capitare che a Nantes, nella Francia della Liberté, la polizia arresti un 16enne per aver pubblicato su Facebook un suo rifacimento (tra l'altro molto ben riuscito e apprezzabile, vedete l'immagine sotto) di una famosa copertina di Charlie Hebdo. Il reato?

Apologia del terrorismo.

Copertina originale
Copertina taroccata


18 gennaio 2015

Cinico (inizio) 2015

Tutto questo cinismo, ditemi, qui prodest?
Ché i giri attorno al sole son contati, ricordatevelo. E considerando che di noi resterà un flebile ricordo (a meno che tu non sia un premio nobel o un pino daniele), domando: non sarebbe saggio tramandare ai posteri un'immagine di noi gentile?
Considerando anche che grosso modo non ce la passiamo poi malissimo, dai ammettiamolo, nati e cresciuti in tempi buoni e di pace, tutto questa aridità e beffardìa, veramente, non trova una mensola su cui poggiarsi.
E poi ci sono le transaminasi. Badate che col fegato non si scherza.

Essere partecipi di qualcosa, avere il rispetto dell'altro, ci rende migliori, ci fa gentili. Ci trasforma in esseri umani moderni. Capire che la nostra piccola storia personale non è il tutto ma è parte (piccola, mi dispiace) di una storia collettiva ben più grande e più importante, ci aiuta a ritrovare il senso delle cose e le giuste proporzioni.
Ci può aiutare, ad esempio, ad apprezzare due ragazze ventenni che si adoperano in missioni umanitarie all'estero e a non chiamarle "stronzette sprovvedute" quando veniamo a sapere che sono state fatte prigioniere; aiuterà sicuramente a non vomitare sentenze o commenti sprezzanti su una piazza di Napoli gremita di persone che vogliono così ricordare un loro amato artista scomparso; servirà a guardare con più serenità e con la giusta attenzione alla nostra politica interna.

Che poi io, personalmente, a vent'anni ero qualcosa di molto simile ad un avannotto pescato con l'ausilio di esplosivi (cfr. nu pesce piagliat' ca' bott') e sapere invece che ci sono due mie concittadine che a quell'età si interessano di temi come la solidarietà e gli aiuti umanitari, a me può far solo piacere e mi rincuora per il futuro.
Poi, ovvio, per mia naturale indole al pessimismo (non cinismo!) penso che sarà anche vero che siamo tutti Charlie Hebdo, ma è vero anche che siamo tutti (o quasi) una banda di stronzi.


#JeSuisIncrédule





12 gennaio 2015

Commenti.

(via xkcd)

Siete meravigliosi

Siete meravigliosi.
Il giorno prima tutti a Parigi. A riempirsi la bocca della parola "libertà".
Tutto molto bello. Bravi.
Tutti contro questi pazzi invasati e intrisi di dogmatismo che vorrebbero imporci come vivere, entrare nelle nostre case e dirci cosa e come fare. Abbasso gli Integralisti! Abbasso i Talebani!
"Libertà! Libertà! Nous sommes tous Charlie! Noi siamo l'occidente".
Siete meravigliosi.


(fonte qui)

P.S.
Se il fumo è causa di incidenti per il 15% (!!), mi sa che il restante ottantacinque andrebbe messo a carico di WhatsApp & Co.

8 gennaio 2015

Chi siamo?

Vi state domandando perché l'Islam ce l'ha con noi? Bene. Vorrei rassicurarvi. Non c'è nessuno scontro di civiltà in atto. L'Islam è una religione. La seconda nel mondo per numero di fedeli. L'Islam non sono quei due ragazzi francesi entrati armati nella sede di un giornale satirico compiendo una strage. Così come Anders Breivik che nel 2011 ha uccisso 77 persone in nome del cristianesimo, non ci rappresenta. Come la camorra non è Napoli.
Quindi, nessuna guerra di civiltà. Nessun occidente contro i figli di Maometto. No. Oriana Fallaci, così come Badget Bozzo o Magdi Cristiano Allam, prontamente riesumati in queste ore da tanti con lo spirito del "te l'avevo detto io!", servono solo ad annebbiare la ragione.
Fare la Cassandra è lavoro fin troppo semplice e spesso il tempo dà l'occasione, il più delle volte fortuita, di raccoglierne i frutti. "Anche un orologio rotto segna l'ora giusta due volte al giorno", diceva Hermann Hesse.

Tutti i fanatismi, gli eccessi di zelo, le ossessioni, trovano patria non solo nelle religioni (vedi la politica o lo sport), e spesso e volentieri sono un paravento per poter raggiungere bassi obiettivi economici o di potere. Nel PCI noi parlavamo di "sovrastrutture", oggi si direbbe "follow the money". E chi oggi propone guerre sante, nuove crociate, chi grida "Forza Occidente" o invoca la chiusura delle frontiere agli immigrati, sta facendo esattamente la stessa cosa.
Mai spegnere il cervello. Il terrore, la paura son bravissimi a premere quel pulsante lì.

Potremmo invece cominciare col chiederci se, a noi come Occidente, conviene chiuderci su noi stessi, guardarci l'ombelico in continuazione disinteressandoci del resto del mondo. Impegnati a capire come riemergere dalla crisi economica (e politica), con partiti xenofobi e neo fascisti in ascesa ovunque. Permettere il propagarsi in tutta tranquillità dello Stato Isla­mico in Siria e in Iraq (vuoi vedere che l'aver finanziato la destabilizzazione del regime di Assad ci è ritornato nel culo?) dopo aver presidiato la zona militarmente per anni.
Salvo poi trasalire quando il resto del mondo ce lo ritroviamo fuori la porta o dentro casa passato per la finestra.
Domanda: da quanto tempo non sentiamo più nel dibattito politico parlare di Politica Estera che non siano i due Marò in India?

Forse è vero, siamo in guerra. Ma una guerra con noi stessi e la nostra dorata prigione.
Una profonda crisi di identità. Chi siamo?
Ieri sera, nella commovente (e a tratti stucchevole) celebrazione del dolore per le dodici persone uccise nella redazione di Charlie Hebdo andata in onda in rete, spunta anche Roberto Formigoni, noto fondamentalista cattolico, che nell'enfasi del momento lancia un tweet con scritto #JeSuisCharlie.
Bene.


5 gennaio 2015

nun fernesce chiù!

"Nun ce scassate 'o cazzo!"
E partiva lo sghignazzo dai sedili posteriori della nostra auto, mio e delle mie sorelle "Papà! Rimettila daccapo!".
Aspettavamo tutta la canzone, "Je so' pazzo! Je so' pazzo!" per poter ripetere insieme a lui, solo col labiale, quell'epico finale.
"Nun ce scassate 'o cazzo!"
Così, Pino Daniele è entrato le prime volte nelle mie orecchie. Con quella voce strana, nasale, l'accento sguaiato e volgare.
Papà che comprava le cassette di Pino Daniele tarocche uscendo dal cimitero di Capodichino la domenica mattina. E il ritorno a casa ascoltando la sua musica.
"Papà cos'è la bella 'mbriana? E la cazzimma?"
E poi la sala giochi a Via Epomeo dove andavamo per il calcio balilla e dove il jukebox aveva solo gli album di Pino Daniele. Così mentre smadonnavi col tuo compagno di squadra che non alzava le stecche al momento giusto, poi ti ritrovavi a canticchiare "Si nosotros no semos nada".
Poi la chitarra. E le prime canzoni imparate. Re, Rem7, Re7. Quanno chiove. "e t'astipe pe nun muri".
Tutti quegli accordi strani, il tocco melodico, le settime aumentate, Re7+, Sol7+ e partiva il coro "Napul'è mille culure". Che poi quando sento questa canzone mi tornano in mente le immagini di Maradona che abbraccia un Ciro Ferrara in lacrime a Stoccarda. Penso sia colpa di un servizio andato in onda all'epoca alla Domenica Sportiva (Italo Kuhne credo l'autore).
E le prime vacanze in campeggio. Lontani da casa. Con Zio Pino a farci da passaporto. Con orgoglio.
Potevi incontrare anche un piemontese. Garantito che conosceva almeno una canzone di Pino Daniele. Il nostro Bob Marley. "Putesse essere allero cu nu spinello 'mmocca" "Cercando qualcuno che voglia fumare a metà".
L'esame di maturità. In ritiro su una montagna a studiare. Io, Gianni e Antonio. E la sera a gridare insieme "E saglie 'a voglia d'allucca'!!". "Alleria".
"Ma mi vuoi insegnare a suonare 'Quando'???" 
E poi una vacanza a Formia, la notte in giro per locali, in auto con Gianni e dallo stereo "Notte nun da' turmiento a chi se vo' 'mbriacà".
E poi ancora l'estate, ventenne, la salsedine, i primi amori. Enzo che canta. Io accompagno con la chitarra. "Si accussì, accussì famme ridere accussì ". Attorno ad un fuoco sulla spiaggia. Peppe che canta "I' mo' moro cu' 'stu calore nun me fido cchiù"
Gigi che mi insegna gli accordi di "Ue man!" e mentre suono lui ci cala un mega assolo. Facendo la faccia degli accordi.
Alla festa di Italo con l'accompagnamento dei Controtempo, cantiamo "A testa in giù". La mia preferita.
Rosario, all'Orientale, che mi passa tutti gli spartiti. Lui che sogna una Paradis. Ma quant'è bella la Paradis? La vedi e pensi a Pino Daniele.
Le nottate davanti al monitor con Silvano a scrivere codice. C'era anche Zio Pino. "e quanno good good cchiù nero d'a notte nun po' venì".
Anche nelle nottate a passeggio per casa con in braccio un fagotto irrequieto, a canticchiare "Ma poi del resto t'aspetterei nun me 'mporta 'e chello ca me puo' da'".

E questo è il flusso di memoria riaffiorato oggi. Così volevo ricordare Pino Daniele. Con quello che ha impresso nella mia mente.
Perché chi resta nella memoria non muore. Mai.
E allora mi piace ricordalo, adesso, riascoltandolo al minuto 4:16 di questa canzone, ridere con lui e ripetere insieme: "nun fernesce chiù!!".


1 gennaio 2015

ZeroZeroZero For Dummies

Quando ho iniziato, in verità con eccessiva spavalderia, la lettura dell'ultima fatica di Roberto Saviano "ZeroZeroZero", non mi aspettavo di andare così in sofferenza nel leggere un libro.
Perché il libro inizia bene, con buone premesse, poi iniziano delle irte salite, capitoli lunghi pieni, zeppi di nomi, dati, accadimenti. Poi arrivano dolci discese che ti ridanno fiducia. Ma poi riecco le salite. Insomma, io questo libro l'ho letto in affanno.
Mi rendo conto della mole di informazioni e apprezzo tantissimo il lavoro svolto da Roberto Saviano, ma non sarà sfuggito manco all'autore stesso un eccesso di dati a corredo che se per un verso vorrebbero mostrare al lettore la vastità e l'enormità del mondo "cocaina", dall'altro ottiene un micidiale effetto "paposcia" tanto che più volte son stato sul punto di appellarmi al 3° Diritto Imprescrittibile del Lettore (secondo Pennac).

Insomma, alla fine, complice anche lo sfaccimma di freddo del giorno 31 Dicembre, il sottoscritto accanto al camino acceso, ha ultimato la lettura del suddetto tomo. Perché non era per nulla di buon augurio portarsi questo strascico ad inizio anno nuovo.
Non voglio tediarvi con miei commenti o opinioni sul libro. Che alla fine m'è anche piaciuto.
Ma qui voglio aiutare tutti voi a capire questo libro di 448 pagine, che personalmente, e mi rendo conto di star per proferire una bestialità, poteva essere vergato in molte meno pagine.
A supporto della mia bestemmia appena rilasciata, vado a proporvi la mia personale versione "redux".
ZeroZeroZero For Dummies.

Coca # 1 - Dove il concetto è: Tutti tirano coca, anche tua nonna e tu magari non lo sai.
1. La lezione - Dove il concetto è che le mafie latinoamericane hanno imparato tutto dalle nostre mafie.
2. Big Bang - Di come in Messico nasce il traffico di cocaina con Miguel Ángel Félix Gallardo detto El Padrino.
Coca # 2 - Dove il concetto è che la cocaina è molto molto meglio dell'eroina.
3. Guerra per il petrolio bianco - Dove si racconta tutta la storia di Joaquín Guzmán detto El Chapo.
4. Ammazza amici - Dove il concetto è che in Messico sono dei pezzi di merda, peggio che da noi, e che si ammazzano in continuazione.
Coca # 3 - Se investi in cocaina ti va meglio che se investi in titoli Apple.
5. La ferocia si apprende - Di come i Kaibil in Guatemala siano feroci. E qui capisci da dove è arrivata l'idea della trasformazione di Genny Savastano nella serie TV Gomorra.
6. Z - Dove si ribadisce che in Messico stanno messi male e per farlo si racconta la storia dei Los Zetas.
Coca # 4 - Dei tanti modi in cui viene chiamata la cocaina nel mondo.
7. Il pusher - Saviano che si riscopre narratore e ci regala qualche pagina d'autore riportando una specie di intervista ad un pusher di cocaina per gente altolocata.
8. La bella e la scimmia - Un tentativo prolisso di raccontare la Colombia attraverso le storie di Natalia Paris e Salvatore Mancuso Gómez. Il concetto è che in Colombia non esiste null'altro che la cocaina.
9. L'albero è il mondo - Di come in effetti la mafia calabrese sia di molto superiore a tutte le altre organizzazioni criminali italiane. Bruno Fuduli ne è testimone. In Colombia i calabresi sono rispettati. Il concetto di base, alla fine, è che i Calabresi so' brutta gente.
Coca #5 - Si cerca di far quadrare i conti tra la cocaina prodotta, quella sequestrata e quella venduta. Senza riuscirci.
10. Il peso dei soldi - La storia di due narcotrafficanti nostrani. Sono molto ricchi.
11. Operazione riciclaggio - Le banche sono ben liete di riciclare i tanti soldi provenienti dal narcotraffico.
12. Gli zar alla conquista del mondo - Ci sono anche i russi. E sono pure cattivi. Specie Semen Mohylevyč.
Coca # 6 - A Londra pippano una bellezza.
13. Rotte - Dove il concetto è che la cocaina arriva ovunque. E la logistica adottata è abbastanza fantasiosa.
14. L'Africa è bianca - C'è anche l'Africa nel commercio di cocaina. E sono pure cattivi.
Coca # 7 - La cocaina viene nascosta ovunque per farla viaggiare.
15. Quarantotto - Saviano ci dice che siamo degli irriconoscenti.
16. Cani - Di come i cani siano importanti nella lotta al narcotraffico.
17. Chi racconta muore - Christian Poveda fa un documentario sulle bande criminali in El Salvador e viene ucciso.
18. Addicted - Saviano ci dice che ha acchiappato l'ingrippo per le storie sulla cocaina (e diciamo che già l'avevamo capito prima)
19. 000 - Saviano recrimina sulla sua vita, ringrazia il lettore e ribadisce che tutto il mondo gira attorno alla cocaina.

Ecco, diciamo che, grosso modo, una volta letto questo redux e aver eventualmente approfondito qualcosa su wikipedia, il grosso è fatto.