5 gennaio 2015

nun fernesce chiù!

"Nun ce scassate 'o cazzo!"
E partiva lo sghignazzo dai sedili posteriori della nostra auto, mio e delle mie sorelle "Papà! Rimettila daccapo!".
Aspettavamo tutta la canzone, "Je so' pazzo! Je so' pazzo!" per poter ripetere insieme a lui, solo col labiale, quell'epico finale.
"Nun ce scassate 'o cazzo!"
Così, Pino Daniele è entrato le prime volte nelle mie orecchie. Con quella voce strana, nasale, l'accento sguaiato e volgare.
Papà che comprava le cassette di Pino Daniele tarocche uscendo dal cimitero di Capodichino la domenica mattina. E il ritorno a casa ascoltando la sua musica.
"Papà cos'è la bella 'mbriana? E la cazzimma?"
E poi la sala giochi a Via Epomeo dove andavamo per il calcio balilla e dove il jukebox aveva solo gli album di Pino Daniele. Così mentre smadonnavi col tuo compagno di squadra che non alzava le stecche al momento giusto, poi ti ritrovavi a canticchiare "Si nosotros no semos nada".
Poi la chitarra. E le prime canzoni imparate. Re, Rem7, Re7. Quanno chiove. "e t'astipe pe nun muri".
Tutti quegli accordi strani, il tocco melodico, le settime aumentate, Re7+, Sol7+ e partiva il coro "Napul'è mille culure". Che poi quando sento questa canzone mi tornano in mente le immagini di Maradona che abbraccia un Ciro Ferrara in lacrime a Stoccarda. Penso sia colpa di un servizio andato in onda all'epoca alla Domenica Sportiva (Italo Kuhne credo l'autore).
E le prime vacanze in campeggio. Lontani da casa. Con Zio Pino a farci da passaporto. Con orgoglio.
Potevi incontrare anche un piemontese. Garantito che conosceva almeno una canzone di Pino Daniele. Il nostro Bob Marley. "Putesse essere allero cu nu spinello 'mmocca" "Cercando qualcuno che voglia fumare a metà".
L'esame di maturità. In ritiro su una montagna a studiare. Io, Gianni e Antonio. E la sera a gridare insieme "E saglie 'a voglia d'allucca'!!". "Alleria".
"Ma mi vuoi insegnare a suonare 'Quando'???" 
E poi una vacanza a Formia, la notte in giro per locali, in auto con Gianni e dallo stereo "Notte nun da' turmiento a chi se vo' 'mbriacà".
E poi ancora l'estate, ventenne, la salsedine, i primi amori. Enzo che canta. Io accompagno con la chitarra. "Si accussì, accussì famme ridere accussì ". Attorno ad un fuoco sulla spiaggia. Peppe che canta "I' mo' moro cu' 'stu calore nun me fido cchiù"
Gigi che mi insegna gli accordi di "Ue man!" e mentre suono lui ci cala un mega assolo. Facendo la faccia degli accordi.
Alla festa di Italo con l'accompagnamento dei Controtempo, cantiamo "A testa in giù". La mia preferita.
Rosario, all'Orientale, che mi passa tutti gli spartiti. Lui che sogna una Paradis. Ma quant'è bella la Paradis? La vedi e pensi a Pino Daniele.
Le nottate davanti al monitor con Silvano a scrivere codice. C'era anche Zio Pino. "e quanno good good cchiù nero d'a notte nun po' venì".
Anche nelle nottate a passeggio per casa con in braccio un fagotto irrequieto, a canticchiare "Ma poi del resto t'aspetterei nun me 'mporta 'e chello ca me puo' da'".

E questo è il flusso di memoria riaffiorato oggi. Così volevo ricordare Pino Daniele. Con quello che ha impresso nella mia mente.
Perché chi resta nella memoria non muore. Mai.
E allora mi piace ricordalo, adesso, riascoltandolo al minuto 4:16 di questa canzone, ridere con lui e ripetere insieme: "nun fernesce chiù!!".


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