8 marzo 2015

Ma andate a fare in culo voi e l'otto marzo.

"Ci sei per l'otto marzo?". Ne avevo bisogno. Così accettai.
Un extra piovuto dal cielo. Di solito lavoravo solo il sabato sera ed eventualmente la domenica in caso di cerimonie. Benedette comunioni e matrimoni. Che però arrivavano con la primavera.
"Dai che si tratta di una serata a banchetto. Sono centoventi massimo centocinquanta persone".
Io, studente universitario ventenne che si pagava le tasse da solo e che non voleva più chiedere soldi a papà e mammà, avevo da tempo cominciato il nobile lavoro di cameriere part-time in un noto ristorante della zona vesuviana.
Quella volta Pino, il titolare, aveva organizzato una di quelle serate aberranti che vanno sotto il nome di "cena-spettacolo". L'occasione era la Festa della Donna.
"Vedrai, ci divertiremo, saranno tutte donne. Allora ci vediamo il pomeriggio. Ok?"
Il pomeriggio di quell'otto marzo arrivai al ristorante puntuale come al solito e iniziammo con la liturgia della preparazione. Tovaglie, tovaglioli, posate, bicchieri. Arrivò il fioraio di fiducia per portarci dei centrotavola con le immancabili mimose. Mentre preparavamo le tartine per l'aperitivo, Salvatore il calabrese (cameriere fisso del ristorante, quindici anni più grande) mi guarda con un sorrisino e con la voce suadente mi dice: "Stasera viene a cantare Jenny Silver!" "E chi cazz'è?" risposi io, forse con una punta di insensibilità. "Ma come? Quello che canta 'A Campagnola!" "Ma quello è Gigione! Cazzo dici?"
"Comunque stasera ci saranno tante donne disponibili e basterà solo guardarle in un certo modo..."
"Sì, sì, come no, m'ero scordato che qui avevamo Alain Delon della Calabria Saudita, Salvato' ma famm' 'o piacere, dai vuoi preparare la salsa al salmone?"
Camicia bianca, panciotto damascato bordò, papillon dello stesso colore, fascia in vita, pantalone rigorosamente nero, scarpe classiche. Ero pronto per la serata.
Ore otto e cominciarono ad entrare le prime donne. I tavoli erano tutti assegnati. "Voi siete?" e le accompagnavo al loro posto. In poco tempo si riempì tutta la sala. Lo scenario era abbastanza variegato. C'erano tavoli di sole ragazze grosso modo della mia età, tavoli in cui mancava solo la scritta "reparto geriatria" e dei misti con anche qualche ragazzina a seguito.
L'inizio fu sobrio. Aperitivo e antipasti scivolarono presto. Sorrisi educati e compiti. Voci basse. Pino mise un poco di musica di sottofondo per evitare l'imbarazzo del troppo silenzio.
Salvatore il calabrese cominciò a farmi l'elenco delle donne che secondo il suo parere "Sono delle grandi zoccolone!" Tutto qui? Che delusione. Ma va bene così. Sono ottantamilalire belle, pulite e infrasettimanali. Dai che usciamo con il primo piatto.
Dopo il primo piatto, ecco arrivare Jenny Silver. Appena lo vidi diventò il mio nuovo termine di paragone in fatto di mediocrità e squallore. Cominciò il suo mini spettacolo con un monologo di una volgarità sconcertante. Battute a sfondo sessuale manco tanto velato. Che però ebbero un enorme successo e riuscirono ad animare tutta la sala. Il calabrese era estasiato e batteva le mani divertito. Io mi andai a fumare una sigaretta.
Al rientro in sala la situazione era la seguente. Jenny Silver che faceva da animatore istigando tutte le donne a battere le mani. Al microfono una vecchia invasata che cantava a squarcia gola "Comm'è bell lu primm' ammore!!". Donne in piedi sulle sedie. Urla, gridolini.
"Dai, dobbiamo uscire con il secondo piatto!" Pino ci ridestò e ci riportò al nostro lavoro.
Passai con i piatti al primo tavolo. Cominciai a sentire sguardi strani addosso. "Giovane, come ti chiami?" "La mia amica ha detto che ti vuole conoscere". Risatine, sgomitate.
Io abbozzavo. Sorridevo.
Poi. Poi accadde l'imponderabile. Passando tra due tavoli lunghi, nel poco spazio tra le due fila di sedie, le due mani impegnate con i piatti, strusciando su uno schienale di una sedia mi ritrovai non so come con la cerniera lampo del pantalone impigliata nel maglione di una ottuagenaria. Panico.
Non sapevo cosa fare. Cercai con un colpo di bacino di divincolarmi. Senza esito.
A quel punto la nonna si rese conto della cosa. Il rossore del suo viso mi diede il livello di alcool nel suo sangue. Il rossore del mio, quello della figura di merda. "Uè, ma addo' me vuo' purtà?" "No, signora mi scusi. Mi sono impigliato. Anzi, se mi può dare una mano". A quel punto tutto il tavolo si rese conto della situazione. Risero tutte. Si avvicinò una signora che poteva essere mia madre "Aspetta, mo faccio io". La signora mentre sfilava la mia patta dal maglione della nonnina prese a strusciare la mano sulle mie grazie. Mi girai a guardare da un'altra parte e un'altra signora mi fece un occhiolino. Un'altra vecchia mi guardò e si passò la lingua su labbro superiore. Mioddio.
Appena liberato, scappai in cucina.
"Io la fuori non ci torno. Capito?"
"Ma come? Ormai si sono scaldate!" disse il calabrese.
Ottenni da Pino il permesso di restare in cucina ad aiutare i cuochi.
"Pino, la prossimo volta, io passo".
"Ma non ti sei divertito?"
"Ma andate a fare in culo voi e l'otto marzo!"


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