23 ottobre 2016

Io voterò NO, ma mi dissocio da voi.

Voterò No. Convinto.
L'ho spiegato qui (Pinellus, 6 ottobre 2016) e non vorrei ritornarci con tutto che ci sarebbe ancora da discutere (vabbè se proprio ci tieni, ci ritorniamo a fine post) (*)

Ma non era questo il punto del mio discorso.
Dicevo, voterò No. In nome dello spirito di unità nazionale e contro l'idea che la Costituzione possa essere trattata come una qualsiasi legge ordinaria.
Però mi preme qui lasciare per iscritto che il sottoscritto non condivide alcunché con gli altri schieramenti che sostengono il No.
Con sano snobismo e con la puzza sotto il naso, voglio marcare la profonda differenza tra il mio pensiero e questa Armata Brancaleone di analfabeti costituzionali e in alcuni casi anche funzionali.

Cominciando da quella banda di musica che va sotto il nome di MoVimento 5 Stelle.
Questo assembramento di mediocri frustrati si erge a paladini della Costituzione e difensori della democrazia contro il pericolo del mostro dittatore Renzi. Bene. Bravi. Poi al loro interno non c'è uno straccio di organizzazione democratica. Le decisioni vengono prese da una società privata (la Casaleggio&Associati di Milano) insieme a Beppe Grillo (mai stato votato da nessuno).
Morto Gianroberto Casaleggio gli succede il figlio Davide. Una successione dinastica. Manco in ForzaItalia si è assistito a tanta cialtronaggine.
Inoltre il M5S ha un grosso problema infantile; chi vota Sì è un nemico; chi vota PD è una merda; Renzi è un cretino.
Questa non è politica nuova. Questa è la riedizione dei cori che ogni domenica si ascoltano allo stadio. L'avversario politico visto come nemico e in quanto tale da dileggiare con giochini di parole da quattro soldi ("la schiforma", "la deforma" etc.). Suvvia, amici pentastellati, avete un'età.
Lasciate che le battute le faccia Grillo, lui sì che è abituato alle figure di merda.
 
Proseguo con l'imbarazzante duetto Brunetta-Salvini.
Brunetta, pitbull da competizione, lui che adesso parla di pericolo democrazia quando qualche anno prima sosteneva una riforma (quella Berlusconi) che ci avrebbe portato ad un premierato sul modello israeliano (il peggiore).
Salvini, uguale a Brunetta, con la differenza che lui di articoli costituzionali, doppi turni e bicameralismo, non ci capisce nulla.  A lui basta avere il suo bel faccione in televisione e gridare "eh! ma i 30euro al giorno! Coi soldi nostri! Prima gli italiani!"

Zagrebelsky. Un professore di 73 anni che ha partecipato alla vita istituzionale italiana negli anni in cui questo paese veniva distrutto, che oggi ci fa lezioni di morale e democrazia. Paradossale, Gustavo, non trovi? Tu dov'eri quando in questo paese realmente venivano messe in discussioni le basi democratiche con tritolo e servizi segreti? Forse eri impegnato a scrivere il tuo libro. Lo stesso che, penosamente, ti sei portato in televisione e con malcelato compiacimento, citavi come la Bibbia.
Ho letto persone inneggiare il tuo nome come quello di Ernesto "Che" Guevara negli anni settanta; "L'ha detto Zagrebelsky" is the new "L'ha detto Report". E a te, caro Gustavo, se ho capito bene il personaggio, la cosa non dispiace affatto.

In ultimo, lo schieramento dei panchinari. Quelli che per varie ragioni oggi si trovano non più sotto il riflettore della politica che conta. Fuori dai giochi di potere. Sono panchinari in attesa che il giocatore titolare si infortuni per poter ritornare a sentire l'odore dell'erba del campo da gioco. Il loro No alla riforma è solo un'opportunità, l'apertura di un nuovo spazio politico in cui infilarsi come un preservativo lubrificato.
D'Alema, Fini, Meloni, Gasparri, Mattioli fino ad arrivare a veri reperti archeologici come De Mita e Pomicino.

Voterò No, in compagnia di questo consesso imbarazzante. Ma con abbondanti due passi di distanza. Defilato e scontroso. Difendendo le mie ragioni, argomentando senza semplificazioni.

Lo richiede la mia vocazione minoritaria. Lo richiede la mia intolleranza.


(*)
Se sei arrivato qui, sei un eroe.
Quindi, ti dicevo, il fronte (altrettanto penoso) del Sì, sta portando avanti le sue ragioni ricordando a tutti che la riforma ci vuole perché in Italia i governi sono instabili.
Ciccini miei, i governi in Italia vanno valutati in due fasi. La prima pre-ReferendumSegni, l'Italia del pentapartito e sappiamo tutti come funzionava.
Dopo il Referendum del 1991 in Italia si introduce un sistema di voto maggioritario (legge Mattarella, 1993) ma senza cambiare nulla dell'impalcatura costituzionale.

Con questo sistema, sicuramente con qualche pecca, ma ben strutturato, abbiamo avuto il governo più longevo della Repubblica (Governo Berlusconi II, 11 giugno 2001 - 23 aprile 2005). Questo per dire che la governabilità non si ottiene certo abolendo una camera. 
La governabilità e la stabilità sono il contrario di "rappresentanza". E sono concetti da derubricare alla voce "Legge Elettorale".
Questa riforma senza l'Italicum è una riforma inutile. Il vero pezzo da novanta, con un premio di maggioranza al vincitore enorme, è proprio questa brutta legge elettorale che fa addirittura rimpiangere quella scritta da Calderoli.
Aggiungo in conclusione, 
Art. 56 (non toccato dalla riforma) recita: «Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno della elezione hanno compiuto i venticinque anni di età».
Bene. Il Senato, se va in porto la riforma, sarà formato da amministratori locali eleggibili al 18° anno di età.
Quindi in Senato potremmo avere il paradosso di vedere seduti negli scranni giovani di ben sette anni più giovani dei deputati.


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