18 novembre 2018

Quelli di prima

Politicamente parlando, è proprio un periodo di merda.
Sono portato allo sconforto non appena inizio ad approfondire. a scorrere timeline sui social, discutere con colleghi di lavoro, clienti e amici.
L'altro giorno parlando con un dirigente di un'azienda pubblica, mio cliente, che in passato si era apertamente dichiarato contro quest'avanzata populista, adesso mi dice che la sola speranza per l'Italia è Luigi Di Maio. I dirigenti pubblici, si sa, fiutano la direzione del vento prima di chiunque. Io ho abbozzato, salutato e ho abbandonato la stanza avendo nella testa una di quelle scimmiette a carica con i piatti nelle mani che suonando gridava "La sola speranza per l'Italia è Luigi Di Maio!!".

Roba da farsi venire gli attacchi di panico. Come sabato scorso al banco carni del supermercato. Mentre sceglievo la tracchia per il sugo, odo un mugolio. Mi volto a sinistra e mi accorgo che la signora accanto a me è in lacrime e trema. Le chiedo se va tutto bene, domanda retorica del cazzo, è evidente che non va bene nulla. Infatti lei conferma, scuotendo il capo e iniziando a piagnucolare. Le prendo le mani e cerco di darle sostegno. Intanto chiedo aiuto al tizio della macelleria che mi dice di farla sedere su un bancale di tonno in scatola. La signora si siede e io accanto continuo a tenerle le mani. Signora, si sente male? Un calo di pressione? No, la signora mi sussurra che è un attacco di panico, di non preoccuparmi che tra poco passa e che ormai lei ci convive da più di dieci anni. In effetti dopo un paio di minuti in cui parliamo delle solite banalità e dell'importanza della respirazione diaframmatica, lei si alza dal "Tonno di Spade" (battutona) e riprende la spesa come se nulla fosse.

Ho divagato. Ero arrivato agli attacchi di panico. I miei, attacchi di panico, che non arrivo alle lacrime, ma la sensazione è di impotenza e di rabbia. Rabbia soprattutto per la consapevolezza di essere nato nel peggior periodo possibile. Di aver vissuto i miei trent'anni nel pieno di una crisi che manco il dopoguerra. E che il dopo crisi si sta rivelando un incubo che alle volte rivedo la Germania degli anni trenta.

Voi penserete che questo mio stato emotivo sia dovuto all'allegra armata brancaleone di quei cialtroni del Movimento 5 Stelle sommati alla Lega di Salvini. No, loro sono una conseguenza, fanno il loro lavoro di deficienti e di odiatori. E lo fanno bene. Molto bene.
Il mio problema è pensare a chi li fermerà e come. Con quale arma politica si potrà terminare questo incubo.

Uno dei ritornelli più gettonati e utilizzato per difendere gli attuali governanti dalle critiche è il seguente:

"Ma perché cosa hanno fatto di meglio Quelli-Di-Prima??".

Ed hanno proprio ragione. Perché se Quelli-Di-Prima (da adesso in poi QDP) fossero stati bravi, mica la maggioranza degli italiani era così stronza da non votarli più? Ed è proprio qui il punto. QDP stanno ancora lì. QDP sono quelli che pensano di poter offrire la soluzione al problema, quando il problema sono proprio loro. QDP non mollano. QDP invece di far avanzare i ventenni e trentenni di oggi, stanno ancora a chiedersi come sia stato mai possibile che la gente non li abbia votati.

Ecco, io ormai ho preso coscienza che alla soglia dei miei quarantacinque anni, la mia generazione è stata massacrata, umiliata e che non serve più ad un cazzo. Avanti i nuovi, vi prego fatevi avanti. Io per quanto è di mia competenza vi aiuterò in tutti i modi a venire fuori, sarò la vostra levatrice.
Ad un patto, però. Che vengano spazzati via QDP.
Vi aspetto ragazzi, seduto su bancale di tonno all'olio d'oliva.
Espira, inspira, espira, inspira...

4 novembre 2018

Cittadini


Non scrivo da molto tempo qui. Preso dall'ormai compulsione social, ho perso l'abitudine di raccogliere i pensieri e sistemarli in questo posto. Posto che è stato da sempre il luogo del ragionamento.
I blog sono morti, dicono. In parte è vero. Quindi se stai leggendo queste righe sei un abitante del cimitero delle tecnologie, guarda lì c'è la tomba di ICQ, accanto a quella di Windows Live Messenger. E tu stai davanti all'enorme tomba dei blog.
In verità quello che è morto è il seguito dei blog. I lettori adesso stanno altrove e non sono manco più lettori. E allora, forse, questa cosa un poco di nicchia, può tornare utile. Tipo stanzetta appartata durante le feste.
Insomma, nonostante l'hype vorrebbe di seguire i lettori, faccio spalluce e cercherò di rianimare questo cimitero.

Dal mio ultimo post datato Marzo 2018 con tema profetico, ne è passata di acqua sotto i ponti. Alcuni di questi ponti non ci sono più e l'acqua in questi giorni sta spazzando via tutto. Con violenza. Tanta violenza.

Da tempo, osservando le misere sorti del nostro paese, intravedo un tratto comune distintivo. La violenza. Dai rapporti sociali, sessuali, economici fino ad arrivare a quelli politici.
Ad esempio la comunicazione politica, estremamente polarizzata, riporta ormai un frasario ed una estetica di pura violenza. E quando parlo di violenza non mi riferisco di certo alle sfanculate o ai "me ne frego" o alle derisioni. No. Parlo proprio di parole entrate ormai nel lessico di tutte le forze politiche.

Quella che in particolare io personalmente odio e credo sia una fonte di pensiero violento è la parola "cittadino".
Cittadino nell'accezione odierna definisce uno status di diritto acquisito per nascita.

Cittadino ergo sum, verrebbe da dire.

Una prospettiva non più partecipativa, ma di rapporto giuridico tra cittadino e Stato. Sono cittadino italiano e in quanto tale lo Stato mi deve riconoscere le mie prerogative. Chi è fuori da questo status, semplicemente non esiste.
Che è poi sintetizzato nel mirabile (e violentissimo) "Prima gli italiani".

Lontana è in questa prospettiva, l'idea della cittadinanza attiva, ovvero del valore e dell’importanza dell’impegno civico e della deliberazione collettiva riguardo a tutte le questioni che concernono la comunità politica, che definisce, questo sì, uno status di diritto.
E badate che non sto parlando di quella buffonata di democrazia diretta messa su con un sistema bacato con consultazioni clownesche. Intendo la cura, signori miei.

La durissima opposizione sulla proposta, per me sacrosanta, dello Ius Soli, fa capire quanta violenza oggi c'è nel concetto di cittadinanza. L'odio contro gli immigrati, non cittadini, e per questo privi di ogni diritto di dimora. I bambini di Lodi, figli di non cittadini e quindi non meritevoli di sedersi alla mensa con gli altri compagni di classe figli di "cittadini italiani".

Per finire, approdiamo al Reddito di Cittadinanza. Anche qui, un diritto acquisito e non estendibile ad altri, arma politica di contrapposizione ai soldi stanziati per organizzare l'accoglienza degli "altri".
Aiutiamo chi fa parte della bottega. Che gli altri si freghino.
 
In uno scenario di sempre maggiore alienazione dalla partecipazione e dalla cura della cosa pubblica, quale sarebbe questo diritto. Chi è il cittadino?