31 ottobre 2015

L'età dell'oro dei nostri Nonni, vegani e non vaccinati (loro malgrado)


C'è stato un periodo in Italia in cui i nostri nonni e bisnonni sono stati vegani, o se più fortunati vegetariani, e in molti casi non vaccinati. E non per loro scelta.

Carne, burro, le stesse uova erano merce rara. Vaiolo, difterite e poliomielite si tramandavano allegramente mietendo morti. Molte zone del paese erano infestate dalla malaria. Ci si spezzava la schiena nei campi o nelle fabbriche per pochi soldi. L'infanzia, come categoria umana, non esisteva.
Si canticchiava "Mamma mia, dammi cento lire che in America voglio andar" e Aniello Califano scriveva "'O surdato 'nnammurato".
Era l'inizio del ventesimo secolo. Il secolo breve, così come lo definì Eric Hobsbawm. Un secolo con all'attivo due guerre mondiali nella prima metà e un boom economico nella seconda.

La situazione alimentare nell'Italia di inizio secolo è riassunta in modo molto efficace da questa tabella:

fonte: Nutrizione e Povertà in Italia, 1861 - 1911
Le proteine animali (la fetta di carne!) era roba per pochi ricchi. La dieta dei nostri nonni era tutta basata su proteine vegetali (rappresentata in gran parte da legumi e patate) e glucidi (pasta e pane).
Le (pochissime) proteine animali derivavano in larga misura dal pollame.

La situazione era questa. Niente o quasi carne rossa. Era meglio? Peggio? Dovremmo chiederlo a chi in quel periodo ci ha vissuto. Magari potremmo lavorare di nostalgia e idealizzare un'età dell'oro di inizio ventesimo secolo in cui i nostri avi, a differenza nostra, avevano capito tutto sull'alimentazione e sugli stili di vita.

Però i numeri ancora una volta sono abbastanza chiari.

fonte: ISTAT
In Italia ad inizio 900 vi era un'alta probabilità di morire prima dei 40anni. La curva delle nascite indica una mortalità infantile altissima. Gli unici punti in cui le due curve hanno degli andamenti anomali sono negli anni delle due guerre dove le morti sono per cause belliche.
Ma fino al 1912 quella curva ci racconta di malnutrizione, sottonutrizione, malattie virali e povertà.
Si mangiava poco, male e si era esposti maggiormente a malattie epidemiche.

fonte: ISTAT
fonte: ISTAT
Senza vaccinazioni, con i parti in casa e con una alimentazione carente di proteine e vitamine, le morti nei primi anni di vita erano la regola e l'aspettativa di vita molto bassa.
Riassumendo, se avevi fortuna a non morire nei primi 5 anni vita quasi sicuramente però non arrivavi ai 50 anni.

Mia madre mi racconta dei suoi sette fratelli morti. Chi alla nascita, chi di qualche malattia a pochi anni di vita. Mia nonna per poter avere cinque figli vivi dopo i primi anni di età ne dovette concepire dodici. Era meglio? Peggio? Mia nonna è morta quando io ero ancora ragazzino. Ma non mi pare che ricordasse con nostalgia ed enfasi la sua infanzia. Quello che ricordo è che mia nonna era felicissima di guardare "La Schiava Isaura" sulla neonata Rete4 e che amava il cantante Christian.
Una cosa che avevamo in comune io e mia nonna era un cerchietto, tipo bruciatura di sigaretta, sul bicipite. Anzi, mia nonna ne aveva due. Il mio cerchietto è del vaccino contro il colera, Napoli 1973.
Quelli di mia nonna forse li possiamo leggere qui:

fonte: ISTAT
Mia nonna è nata in un periodo in cui il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni era tra il 260 e il 460. Quando sono nato io il tasso era al 32.
Morbillo, pertosse, influenze e bronchiti erano tra le principali cause di decesso. Se leggete l'ultima colonna a destra, quella del 2008, queste malattie sono a zero. Zero!

Siamo stati fortunati? E' casualità?
Dal 1872 al 1998 l'altezza media degli uomini italiani si è alzata di 12 centimetri. Io sono molto più alto di mia madre e di mio padre.
Io non ho mai avuto problemi a raggiungere le 2000Kcal giornaliere. Anzi, la mia panza e le mie maniglie dell'amore (maniglie premium!),  mi ricordano che più volte quella soglia di calorie l'ho ampiamente superata in scioltezza. Si chiama benessere.
Malattie come vaiolo e difterite le conosco per averne letto sui libri. La parola poliomielite la pronunciò mia madre quando le chiesi, ancora bambino, perché il papà del mio compagno di classe zoppicasse. Le mie figlie non hanno nessun compagno di classe con un genitore poliomielitico.
Siamo stati fortunati? E' casualità?

In Italia la sottonutrizione (cfr. il non raggiungere le 2000Kcal medie, che non è un numero a caso ma uno studio scientifico del LARN)  ad oggi è praticamente inesistente. Il problema forse è il fenomeno della malnutrizione, cioè una dieta squilibrata tra glucidi, lipidi e proteine vegetali e animali.
Possiamo insomma mangiare meglio. Ma la nostra dieta è varia, ricca di alimenti e gusti.

Ieri leggevo un articolo del direttore di Internazionale Giovanni De Mauro. Il titolo è "Carne".
Un breve e sferzante attacco al consumo di carne (sulla scia emotiva del rapporto OMS sul rischio tumori delle carni lavorate) che passa prima in rassegna una serie di statistiche e poi conclude con questa affermazione:
Ogni volta che mangiamo una bistecca dovremmo ricordare quanta sofferenza e violenza ci mettiamo in bocca. Più che per la nostra salute, è innanzitutto per ragioni ambientali, economiche ed etiche che dovremmo smettere di consumare carne.
Quindi, secondo De Mauro, il fatto di essere riusciti nell'arco di un secolo a portare la carne sulla tavola di tutti e non solo dei più ricchi, l'aver trovato il modo (perfettibile, sicuramente) di sconfiggere la sottonutrizione, non è una conquista sociale ma addirittura una cosa non etica.
La soluzione, quindi, sarebbe di "smettere di consumare carne".
Al grido di "bovini e suini di tutto il mondo, unitevi!" ecco il nuovo paradigma dello sfruttamento. Non più dell'uomo sull'uomo. Ma dell'uomo sugli animali.

Ok. Smettiamo di consumare carne. Io non sono feticista né tanto meno un conservatore. Però dovete dirmi quelle 2000Kcal giornaliere "equilibrate" con cosa le sostituiamo.
E se decidiamo "tutti" di non mangiare più carne animale e derivati, allora mi dovete dimostrare che convergere "tutti" sul latte di soia o sul tofu, non significhi egualmente coltivazioni intensive  e distese di soia con eguali problemi di produzione.

Perché qui siamo tanti (solo in Italia siamo 60milioni). L'industria alimentare, agricola e zootecnica avrà sicuramente tanti difetti. Ma non si può negare di aver avuto il pregio di portare a "tutti" un'alimentazione sicuramente migliore di quella del 1911. Con tecniche avanzate che permettono di non doversi spezzare la schiena nei campi. Con un prezzo accessibile a tutti.
Possiamo discutere sugli sprechi, le modalità e sulle assurdità delle importazioni dall'estero. Su come rendere l'industria alimentare eco-sostenibile.
Ma non possiamo mettere in discussione una conquista alimentare e scientifica i cui dati positivi sono tangibili, solo perché "forse" la carne (lavorata!) può essere causa del cancro al colon o perché la sofferenza degli animali macellati ci è insopportabile.

Torniamo al quesito di prima. Siamo stati fortunati? E' casualità?
Bernardo di Chartres diceva che "siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti."
Che è la mia personale idea di progresso. Oggi abbiamo tanti vantaggi che potremmo perdere immediatamente pensando di averli acquisiti e non difendendoli.
Guardare al progresso scientifico come un derivato della speculazione finanziaria di industrie e multinazionali, e constatarne solo i difetti e non i pregi, a mio avviso, è pericoloso.
L'inoculazione del dubbio e relativizzare la conoscenza, porta a suggestioni che su larga scala possono essere disastrose.

Le soluzioni ai problemi si possono trovare. Ma sono nel progresso, non nel negarlo.
Mortificare le nostre menti idealizzando un'ipotetica età dell'oro del "prima" in cui tutto era bello, il contadino zappava felice la terra e tutti campavano meglio ballando al ritmo di tamburi e nacchere, è suggestivo, ma non è così.


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