16 luglio 2015

Purtroppo non capisco



Ieri sera ho provato un AppleWatch (in un AppleStore)

Sensazioni.
Costruzione perfetta. Come sempre. La percezione che stai utilizzando un prodotto ottimamente ingegnerizzato. Hardware e Software che rispondono all'unisono. La coroncina gira e lo schermino risponde. Tocchi lo schermino e tutto risponde alla perfezione. Una sinfonia perfetta.
Schermo brillante, definitissimo. 
Lo stato dell'arte nel wearable.

Funzioni.
L'orario (che c'è) è l'1%. C'è il resto. C'è tutto. 
Foto, Mappe, Rubrica, Agenda, Meteo, Messaggi. Tutto. Tanto. Mi ci sono perso.
Funzioni "health" che non ho potuto testare e che sembrano molto ben fatte.
Le App di iOS funzionano bene e anche se "redux" sono efficaci e funzionali.
Il tutto ovviamente richiede delle ottime diottrie.

Design.
E' brutto. Ma assai. Uno scaldabagno da polso. Negazione totale di eleganza.
Non hai scelta. La forma è quella. Per tutti.
Ma qui entriamo nei gusti. E così come per i testicoli, ognuno c'ha i suoi.
Due ragazzi accanto a me infatti lo commentavano con "Design pazzesco!".

Feeling.
Ci ho giocato per una ventina di minuti. Forse la navigazione va rivista. Non proprio intuitiva.
Ci ho messo più del dovuto per capire l'interazione e le funzioni del tasto e della coroncina laterali.
Per tutta la durata del nostro incontro, la mia domanda all'AppleWatch è stata essenzialmente:
"E quindi?"
Mi stai replicando sul polso cose che ho già.
Non mi ha dato quella sensazione di killerapp, di musthave.
(cosa che mi successe con l'iPad+GarageBand)
E' una periferica (moooolto costosa) per l'iPhone senza il quale AppleWatch semplicemente non serve.
Ed è quel "moooolto costosa" che come sempre la renderà maledettamente desiderabile a centinaia di Lemmings.

Conclusione.
Alla fine ci siamo lasciati.
Gli ho fatto i complimenti.
Però prima di andare via, ho cliccato sull'icona di Siri e ho cliccato sulla coroncina e ho chiesto a Siri:
"AppleWatch, ma io e te, che cazzo se dovemo di??"
"Purtroppo non capisco"
"Appunto"


5 luglio 2015

Ruggine e salsedine.

"Costa, dove vai?" Costa prese il casco bianco con sopra disegnati tanti omini colorati in stile Keith Haring, appoggiò il piede destro sulla sedia all'ingresso e mentre eseguiva a memoria il nodo ai lacci delle sneakers, disse senza girarsi "Esco, ci vediamo stasera".
"Costa, dobbiamo andare a votare!" la voce del padre di Costa si stava avvicinando insieme ai passi strascinati. "E' importante, cazzo, dobbiamo votare 'No', Costa! Per ricominciare col piede giusto! Per liberarci da questi strozzini e da quella puttana della Merkel!" adesso il padre era proprio alle sue spalle. Costa avvertì un forte odore di alcol.
"Papà, siamo morti già da un pezzo, a più tardi".

Costa accese lo scooter e diede di gas. Chiuse gli occhi e per un attimo fu felice di sentire l'aria sul viso, anche se calda. Costeggiò i resti dei cantieri navali di Pèrama. I muri erano pieni di manifesti elettorali con scritto in rosso "Oxi".
Il padre di Costa era disoccupato da tempo. Ex operaio dei cantieri navali. Gli avevano detto che c'era la crisi. Trecento euro al mese di sussidio di disoccupazione. Un infarto senza assicurazione sanitaria. La depressione e poi l'alcol.

"Zoe, sono io, scendi". Costa fu avvolto da una folata di odore di ruggine misto a salsedine provenire dal palazzo di Zoe. Lo stesso odore che c'era nelle cucine del villaggio turistico dove Costa lavorava. Un resort con tante stelle e tanti turisti stranieri che facevano la bella vita spendendo poco. Tanti italiani, tanti tedeschi. Costa faceva il cameriere. Il turismo era uno dei pochi settore che dava ancora delle garanzie di guadagno.


"Eccomi, andiamo?" Costa guardò Zoe, pensò che era proprio bella con quegli orecchini a cerchio grandi, la canottiera bianca e gli shorts di jeans. "Dai, sali dietro". Costa sentì il profumo di balsamo dei capelli neri di Zoe e i seni schiacciarsi contro la sua schiena. Accese lo scooter e partì. Costeggiarono un plesso scolastico con una lunga fila di persone in attesa di entrare per votare.
"Costa, forse dovremmo votare anche noi, non ti pare?" la voce di Zoe cercò di sormontare il rumore del vento e dello scooter. Costa non rispose. Zoe allora lo strinse più forte, appoggiò la testa sulla schiena di Costa e chiuse gli occhi.


Costa aprì la porta dell'appartamento. Puzza di chiuso e di moquette umida. Il suo amico e collega Theo gli aveva prestato la casa. Theo era al lavoro oggi. Costa la prima domenica del mese era sempre di rotazione. Zoe impiegò qualche minuto a trovare l'interruttore della luce nel bagno. Si spogliò. Chiese a Costa di spegnere tutte le luci. Fece una corsa e si infilò sotto il lenzuolo.
Il tempo riprese a scorrere quando Costa riaccese la luce. Guardò l'orario dallo schermo del suo smartphone. Erano le undici meno un quarto di sera.
"Cazzo! E' tardissimo!" Zoe scese dal letto, entrò in bagno e cominciò a infilarsi mutandine e shorts. 
Uscì dal bagno con il petto nudo. "Ma li senti questi boati da lontano? Cosa saranno?"

Costa era ancora steso sul letto, le mani dietro la testa, gli occhi fissi sul soffitto. 
"Zoe, dimmi che tu ci sarai. Sempre."