28 febbraio 2014

Guardiani della Coerenza


In questi giorni alla Camera e al Senato, durante il pessimo e penoso dibattito sulla fiducia al nuovo Governo, abbiamo assistito a questo continuo uso della tremenda clava della "coerenza", scagliata contro i banchi del governo e degli avversari politici.
Coerenza che nella sua banalizzazione, specie nel M5S, consiste nel rinfacciare una dichiarazione estrapolata da qualche fonte come chiara prova di "incoerenza".
"Lei nel 2012 dichiarava bla bla bla"
Non più credibile in quanto non coerente.
Chi usa questa argomentazione, specie in politica, dà un altissimo valore alla staticità del proprio pensiero. Io sono coerente perché penso esattamente quello che pensavo 15 anni fa (il sottoscritto 15 anni fa, ad esempio, pensava che correre non fosse per nulla divertente...).
Quindi in base a questa idea di coerenza, non bisognerebbe mai cambiare idea.
Bene, anzi male.
Lo stare fermi sulle proprie posizioni e pensieri, cari miei, non è coerenza.
E' staticità.
E la staticità nel mondo naturale non esiste. Anche le montagne si muovono. Figuratevi il pensiero.
La coerenza non è aver sempre le stesse idee. Le idee possono, anzi devono, cambiare, evolversi. Si spera in meglio.
La coerenza sta nel percorso di cambiamento di queste idee.
E' la strada intrapresa dal nostro essere.
E' libertà mentale, è sprigionamento di nuova energia, e in questo mutare c’è anche il cambiamento di sé. Il cambiamento di se stessi per restare coerenti.
Coerenti con l'essere umani, con la curiosità intellettuale e con la passione inestinguibile per la libertà.
Libertà, anche di cambiare idea.

21 febbraio 2014

18 febbraio 2014

Marito Potenziale Cornuto

No, però, questi sono stupendi. Gli viene proprio naturale.
Leggete questo tweet.


Quindi: Prima ti fanno la domanda "Parteciperesti a delle Consultazioni con lui?" (lui sarebbe Renzi n.d.r.). Poi ti danno la risposta "Io no".
Ed ecco la chicca: "Decidi tu".
Per sapere chi sono gli artefici di questo capolavoro da marito potenziale cornuto, ecco che sul blog di Grillo appaiono finalmente in firma il collaudato duo Beppe-Gianroberto:

Se non fosse che questi rischiano alle europee di beccarsi un 30 e passa percento, ci sarebbe da ridere tanto. Ma tanto.

17 febbraio 2014

Bruno Giordano Bruno


Ovvero di quando il neo vicino di casa venne a casa mia per chiedermi consiglio sull'acquisto di un notebook (e quann'maje...).
"Ho saputo che aggiusti i computer".
"No. Non aggiusto i computer".
La dura battaglia, persa in partenza, nel far comprendere il proprio lavoro.

Comunque. Colsi così l'occasione per scambiare due chiacchiere, dargli il benvenuto al Cantone e offrirgli un caffè.
In casa Pinellus il caffè è sacro e non manca mai.
Così ci sedemmo al tavolo del salone e cominciammo a chiacchierare. Di dove sei, cosa fai, come ti trovi a Piazzolla di Nola.
E lui cominciò a fare una cosa che io detesto tantissimo. Iniziò a rivendicare le proprie origine napoletane, prendendo le distanze dai "paesani cafoni" e a rimpiangere la terra natia.
Ed ecco la solita storia che dalle nostre parti (nel nolano n.d.r.) manca proprio la cultura, che la gente ha una mentalità contadina e poco incline alle novità.
"Specie nel campo della moda".
Sì, perché il neo vicino si era appena dichiarato imprenditore nel ramo tessile. Stilista, per la precisione.
La tentazione di chiedergli "Allora aggiusti le t-shirt??" fu grande.

Invece mi imbarcai in una strenua difesa del territorio nolano, proprio io, oriundo napoletano, così come il mio ospite, cercando di fargli comprendere che le generalizzazioni erano sbagliate. Che nel nolano si sta bene eccetera eccetera.
Poi aggiunsi, illuminato ed impettito dal calzante esempio, che Nola, soprattutto, aveva dato i natali al grandissimo Giordano Bruno.
Mentre enunciavo questa perla di cultura generale, con la coda dell'occhio vidi Nina col vassoio del caffè in mano venire verso di noi girando l'angolo del muro che divide il salone dalla cucina.

Il mio ospite, alle parole "Giordano" e "Bruno", si illuminò all'improvviso. Il suo viso si distese in un'intuizione, l'infusione del Genius Loci era palese. Empaticamente sorrisi anche io con lui, per agevolare il parto, annuendo insieme alla sua testolina mentre dalla sua bocca uscirono queste parole:
"Ah! Giordano Bruno! Il calciatore del Napoli!"
Nell'ordine: Nina trattenne a stento una risata facendo traballare il vassoio con i caffè e con una lesta retromarcia si nascose dietro il muro; il mio sorriso si spense in una smorfia di delusione; ricordo chiaramente di aver avvertito un vento gelido sulle caviglie. Ed era Giugno.
"No, no, stai confondendo con Bruno Giordano, io parlo di Giordano Bruno...il filosofo...il rogo...".
L'enorme punto interrogativo dipinto sul volto del mio ospite, mi convinse nel non insistere ulteriormente.

Oggi è il 17 Febbraio. In questo giorno, nel 1600 a Roma in piazza di Campo de' Fiori, veniva bruciato il corpo di Giordano Bruno. L'altro.

9 febbraio 2014

La Scelta

Diego Miedo

«je so’ nato e so’ cresciuto dint’a nu quartiere addò o arruobb’ o spacci o te faje ‘na pera (*)»

Il Beverly nero inchioda a pochi centimetri dal marciapiede. Salvatore si trova stretto tra un montone di immondizia e lo sguardo di Danilo che continua a tenere il suo scooter minacciosamente su di giri.
Salvatore non ci ha dormito tutta la notte. Le scelte. Maledette scelte. Perché bisogna scegliere? E poi che scelta è?
Da una parte il muratore a 50 euro al giorno, a nero. Dall’altra Danilo. Vieni con me. Ma che ci fai c’ ‘a cardarella? Devi solo cacciare le palle e avrai soldi e rispetto.

«senza ‘na lira ‘nnanz’a televisione che te dice nun si ommo si nun tiene ‘o machinone»

Salvatore ci ha pensato. Ha fatto un piccolo riassunto delle puntate precedenti. Facilissimo. Papà al padiglione Torino, truffa aggravata. Pinuccio, fratello maggiore, poliomielitico, che sfila i soldi dal portafogli della madre per farsi di kobret. Mammà che lava i cessi di una pompa di benzina sulla tangenziale.
La sua promessa a Mammà. No, non faccio la fine di papà. Vado con Zio Vincenzo ‘o muratore e mi imparo il mestiere.

Danilo lo fissa, ha le scarpe bianche, nuove. Tutto vestito di marca. Danilo è più piccolo di due anni e già controlla una strada. Ha comprato pure il telefonino nuovo a sua madre.

«si voglio sta’ pur’je comm’e figli de’ signure co ‘e denare dint’a sacca ‘e co ‘e vestiti bbuoni»

Che scelta è? Salvatore non ci ha dormito tutta la notte. La felicità. Sì, la felicità. Quella che provava quando da bambino andava a pescare col padre al porto, o quando la mamma indossava il vestito giallo di cotone e si andava tutti in gita. Su a Montevergine. Ufficialmente a chiedere la grazia alla madonna per la gamba di Pinuccio.

Voglio essere felice! Voglio essere felice!

Salvatore ‘a mammà, mi devi promettere che starai lontano da quel Danilo e dai suoi amici. Sì, Mammà. Mo dormi però che domani mattina altrimenti non ti svegli e perdi il pullman delle sei.

« ‘a scola ll’aggio fatta mmiezo ‘a na via mmiezo ‘e mariuole e mmiezo ‘a polizia»

L’odore del caffè, la nottata bianca, la sagoma di Mammà dietro il vetro della porta della cucina.
Salvato’, ti ho preparato il caffè. Dopo cerca di svegliare pure a Pinuccio. Zio Vincenzo ha detto che ti aspetta giù all’incrocio per le sette. Io scendo che altrimenti perdo il pullman.
Mammà è triste. Si vede. Manco più lo smalto si mette. Dice che costa troppo. Non ce lo possiamo permettere.

Che scelta è?

Salvatore si lava la faccia, si ferma a guardarsi allo specchio. Quel che vede compreso di scenografia circostante gli provoca un senso di nausea. Passa davanti alla stanza di Pinuccio. Dorme, o forse è in down.
Veste i panni da lavoro lerci e logori che gli ha passato Zio Vincenzo, si aggiusta i capelli con la mano e si chiude la porta e gli incubi dietro le spalle.

«dint’a chistu munno ce sta chi arrobba legalmente e sfrutta tutt’e juorne’ a miseria ‘ell’ata gente»

Guarda Danilo negli occhi. Il motorino strepita e va avanti e indietro sotto le mandate di gas a intermittenza. Si volta in fondo alla strada. Il furgone di Zio Vincenzo è già lì. Ci ha pensato tutta la notte. Le scelte. Mammà, ma che scelta è?
Da quanto tempo non siamo felici? Da quanto tempo non sorridiamo?
Danilo abbozza un ghigno, fa un cenno con la testa. Vieni, sali.

Salvatore si guarda le scarpe. Chiazzate di calce. Sente l’odore acre di sudore stantio dei suoi vestiti.
Stringe i pugni. Fa un passo.

«allora pecchè pe’ tutta chesta ggente lloro so’ bbuone e je so’ malamente?»

(*) 'O bbuono e 'o malamente – Almamegretta – 1983  Anagrumba/CNI/BMG

8 febbraio 2014

Arrivò Ah Pook

Era il 1988.
Il sottoscritto, strafottente e nichilista, abbigliato in modo alquanto fantasioso grazie ad alcuni dubbi affari fatti al mercatino di Resina, si aggirava per le strade del centro storico con il suo walkman pezzotto della Aiwa che sparava nelle cuffie una voce femminile graffiante
"Destroiiiiiiiiii"
"E' arrivato il tempo degli assasini!"

Lucia. Era Lucia Vitrone. Punkabbestia, cantante e leader del gruppo Contropotere. Gruppo AnarcoPunkIndustrial .
Ero stato folgorato da un loro concerto al CSO Tien'A'Ment, un luogo magico dove cominciai a dare un senso compiuto ai sabati sera della mia fine adolescenza.
Lucia  era solita arricchire la sua performance canora impugnando un flex (sì, avete capito bene, un flex) e tagliare dei tubi innocenti a ritmo.
Io quando li sentivo ero estasiato. Era una cosa mia, di cui andare fiero.
"Eh, sì ok i VomitBrutalGastric ma tu però non hai mai sentito i Contropotere".

Acquistai una sera al Tien'A'Ment il loro primo demotape.
E' arrivato Ah Pook. Questo era il titolo.
Era il periodo dei demotape su musicassetta con copertina fotocopiata bianco e nero.
Il nastro di quella musicassetta credo di averlo consumato. Quella musicassetta adesso starà stipata in qualche cartone giù un cantina insieme a tutte le mie cianfrusaglie dell'epoca.

L'altro giorno però ho scoperto che su YouTube qualcuno si è preso la briga di mettere l'intero demotape online. Eccolo. Ascoltatelo.
A Napoli nel 1988 c'erano anche loro.



3 febbraio 2014

M5S, Amway e Herbalife

In due occasioni della mia vita, per due ragione differenti, mi son ritrovato, mio malgrado, ad assistere a queste riunioni motivazionali di multi-level marketing company.

La prima volta si trattava della Amway. Mi ritrovai in questa sala in qualità di Servo della Gleba (anestetizzato da una stronza cit.). Sì, ero stato subdolamente invitato da una tipa che mi piaceva, la quale giocando su questa mia debolezza, tentò di "menarmi dentro" alla vendita di questi detergenti di merda così da poter scalare la vetta della piramide (lei).
Un delirio. Gente che urlava dal palco i propri successi, "io ce l'ho fatta!!", "adesso sono un uomo realizzato!!".
Mioddio. Terrorizzato osservavo i volti di quelli che parlavano, i gesti studiati, lo sguardo fisso. E poi mi giravo a guardare i volti del pubblico, estasiati, galvanizzati, pronti ad applaudire.
Anche la tipa che mi piaceva, seduta accanto a me, era eccitatissima. E non certo per la mia vicinanza. Prendeva appunti, applaudiva, ripeteva slogan rilanciati dal palco. Ogni tanto si voltava sorridendo verso di me cercando complicità.
Io avevo solo terrore. Volevo scappare. Ma chi erano questi invasati? Io ero in piena fase GrungeAnarcoComunista. Chiusi gli occhi per il tempo restante della convention sognando l'ingresso di Lavrentij Pavlovič Berija. Lui sì che avrebbe saputo cosa farne di questi nemici della rivoluzione.
A fine convention la tipa mi presentò ad un ragazzotto che mi spiegò essere il suo "capo" vendite.
Un "picchiacchiello" tutto pulito, sistemato, cravatta giusta, capello giusto.
Mi venne incontro stringendomi energicamente la mano fissando i miei occhi con un sorrisino sarcastico e mi confermò che se volevo, potevo cominciare ad entrare nella sua cerchia di venditori da subito.
Inventai una serie penosa di scuse. Salutai tipa e picchiacchiello e scappai via.
Mai più rivisti. E la tipa non si fece più sentire. Troia.

La seconda volta fui incastrato da una delle due impiegate della biblioteca di Scienze Sociali per la quale prestavo servizio part-time (retribuito dall'Università).
La solerte impiegata ebbe a cuore la mia situazione di studente-lavoratore-squattrinato (all'epoca il fine settimana ero solito lavorare come cameriere in un ristorante nella zona vesuviana per potermi pagarmi gli studi), e mi prospettò un lavoro eccezionale dove si poteva guadagnare tanto e senza sforzo (sic!).
Nonostante i miei cortesi rifiuti, la bibliotecaria insisteva e ogni volta che mi incontrava, mi invitava a questi incontri della rete vendita, insistendo talmente tanto, che alla fine, anche per non risultare io troppo scortese, mi ritrovai in una sala conferenze di un albergo nel centro di Napoli a parlare dei magici prodotti Herbalife.
Stesso copione di Amway. Introduzione all'azienda, motivazionale, invasati che urlavano i propri successi di vita e di vendita. Ancora sguardi sicuri, sorrisini studiati.
Quella sera capii che Herbalife vendeva delle robe per dimagrire.
E capii pure che dovevano essere delle cagate, perché la bibliotecaria che mi invitò a questa incontro, aveva un giro vita da cetaceo.
Salutai la bibliotecaria ringraziandola per l'indubbia opportunità di guadagno che mi stava offrendo, ma le spiegai che io ero un seguace del TafazzismoStakanovista e che non ce la facevo proprio a guadagnare tutti questi soldi facili senza far alcuno sforzo. Più volte ci avevo provato, ma niente. Ero condannato a lavorare sodo e duramente per guadagnarmi la pagnotta.
Pensa tu che stronzo che ero.

L'altra sera in TV, alle Invasioni Barbariche, ho visto l'intervista ad Alessandro Di Battista, uno degli esponenti di spicco del MoVimento 5 Stelle.
Mi è venuto un colpo. Dovete andare dal minuto 20:20 in poi.
Guardatelo. Quello sguardo, la posa studiata, il sorrisino..