24 dicembre 2015

Regalami


Regalami / Regalami un sorriso / coi denti in vista / muscoli in trazione ad aprire il viso / Regalami un poco di tempo / tutto per me / in esclusiva come la Champions League su Premium / che ho finalmente disdetto / Stai divagando / Regalami un abbraccio / toraci stretti / visi nei colli / Regalami incantamenti / occhi a fuoco all'infinito / rosicchiando cuticole e pensieri leggeri / Regalami indulgenza / usando le orecchie / provando a cambiare abito / magari poi scopri che il falpalà ti dona / Regalami leggerezza / prova con un birignào / ridiamo finché non impazzisce il diaframma / Regalami emmetropi paesaggi / da impressionare la retina / chiudi gli occhi e li vedi ancora / Regalami viaggi / nasi per aria / una guida in mano e la reflex al collo / Regalami lo scilinguagnolo / brillando in conversazioni / la risposta pronta che non ho / Regalami momenti di silenzio / vissuti con serenità / senza cifotiche ricerche su un piccolo schermo touch / Regalami una epidemia di senno / di questi tempi andare sulla luna sarebbe eresia / Regalami una pariglia di fucilieri / di che colore li vuoi? / che domande, Marò / Regalami un bel libro / ogni pagina a dirozzare l'anima / narratore mentale con voce suadente / Regalami dolcezza / che l'animo umano non sarà mai diabetico / il grasso va bene uguale / Regalami il nitore del futuro / da affrontare sfacciatamente felici / Regalami uno sguardo / che io ricambierò / e buona vita a noi.

(p.s. auguri a tutti voi)

28 novembre 2015

La tolleranza dei laici nella scuola pubblica italiana

Leggo di questa (ennesima) polemica innescata da una scuola in provincia di Milano (Rozzano, per la precisione) in cui il preside avrebbe negato, in nome della laicità e del rispetto di tutte le altre etnie presenti nella platea scolastica, l'usuale concertino di voci bianche a base di cori natalizi. La scia di sangue colata dalla barca ha fatto impazzire gli squali i quali si sono avventati con le fauci spalancati attorno alla notizia. Troppo gustosa in tempi di tifo e poca ragione.

La lettura immediata è stata Islamismo contro Cristianesimo, dobbiamo difendere la nostra tradizione, perché rispettare loro quando loro non rispettano noi?
Rispetto? Volete parlare di rispetto?
Voglio allora raccontarvi una storia.

La mia famiglia è laica. Nel senso di "aconfessionale". Io e mia moglie siamo sposati con regolare rito civile. Le nostre due figlie non hanno ricevuto alcun rito battesimale. Siamo in buona salute, viviamo felici e siamo degli ottimi cittadini rispettosi di chi non la pensa come noi.
La nostra storia ha inizio con l'iscrizione delle figlie all'asilo comunale di Nola. Struttura ottima e con maestre molto brave e dolci. All'iscrizione nessuno ci chiede se e quale religione professiamo. All'ingresso una statua della madonna ci chiarisce le idee. "Bambini, salutate la madonnina prima di salire". "Cantiamo tutti la canzoncina di San Paolino". La preghierina e il segno della croce prima del pranzo.
Ci siamo detti, suvvia, sono piccole, non facciamo polemiche. Adattiamoci. 
E ci siamo adattati.

Arriva la scuola materna pubblica. Finalmente possiamo compilare il modulo sull'esonero dall'ora di religione cattolica (per approfondire, qui). La prima cosa che ci viene chiesto è se siamo Testimoni di Geova.
No, non lo siamo. Sappiamo però che ci dovrebbero essere attività alternative da far svolgere alle nostre figlie. Apprendiamo che la carenza di fondi (versione ufficiale) e una disorganizzazione e noncuranza (nostra impressione), non consente di avere alternative. "Signora se vuole durante quell'ora vostra figlia la possiamo mandare in un'altra classe o tenerla in corridoio".
Ci siamo detti, vabbè, non ci sembra il caso di far diventare le nostre figlie il calimero di turno. 
E ci siamo adattati.
Ingenuamente, focalizziamo la nostra attenzione sull'ora di religione. Ci accorgiamo poi che, quantunque avessimo ottenuto l'esonero dall'ora di religione, ci avrebbero comunque pensato le maestre ufficiali con una didattica completamente sintonizzata sul cattolicesimo (poesie di natale, canzoncine, disegni, racconti).

Alla scuola elementare (sempre pubblica) le cose non cambiano. Nonostante la compilazione (inutile) dell'apposito modulo, non esiste alcuna attività alternativa. Abbiamo aspettato (invano) che la docente di religione cattolica (presa visione dell'esonero) ci contattasse. Nulla. Andiamo noi. Apprendiamo che non esiste alcuna alternativa. "Però vi assicuro che parleremo di religioni in generale".
Voi ci avreste creduto? Noi no, ma ci abbiamo sperato. 
E per la terza volta, ci siamo adattati.
Ma non è andata affatto così. Le mie figlie sono state anche interrogate in classe dando per scontato che loro avessero fatto il catechismo per la prima comunione. Siamo intervenuti per ricordare la nostra scelta alla (smemorata?) maestra di religione cattolica. Quest'anno abbiamo chiesto e ottenuto che la secondogenita vada in un'altra classe durante l'ora di religione ad anticiparsi i compiti per casa.

Intanto la primogenita è giunta alle scuole medie. Modulo di iscrizione: vuole avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica? No. No!! Nooo!! No!
Tutto inutile anche questa volta. Chiediamo, ormai giusto per curiosità, l'esistenza di attività alternative. Nulla. Non ci sono fondi (ma va?). Parliamo con il docente di religione. "Ma non vi preoccupate, parleremo di tante cose interessanti, anche di altre religioni".
Vaglielo a spiegare che a noi non interessano proprio le religioni. Insomma, nessuna alternativa. Qui inoltre non c'è manco l'opzione "altra classe" o "corridoio", tassativamente vietate.
Unica soluzione è restare in classe come "uditore". 
Adattiamoci, anche questa volta, tanto ormai siamo diventati un lenzuolo.

A rileggere questa nostra storia, c'è un filo conduttore che è la tolleranza. La nostra, però.
Abbiamo e stiamo tollerando con estrema educazione e rispetto (e tanta rassegnazione) questa pervasività della religione cattolica nella scuola pubblica. Religione verso la quale, badate bene, noi non abbiamo nulla e che anzi rispettiamo profondamente. Ci piacerebbe però che lo stesso rispetto venisse riconosciuto a chi non è cattolico (magari perché musulmano, testimone di geova, pastafariano o laico come noi).

Vietare una tradizione natalizia in nome della laicità, forse è eccessivo. Credo che la scuola debba essere un luogo aggregante per tutti e che le tradizioni di un territorio vadano sempre e comunque rispettate. Nel caso della scuola di Rozzano il preside ha avuto sicuramente un eccesso di zelo.
Però è evidente che nella scuola pubblica italiana non esista minimamente il problema della pluralità di confessioni, del laicismo e del multiculturalismo. E' tutto completamente appiattito e appaltato alla chiesa cattolica.
Qual è l'alternativa?


16 novembre 2015

Parigi e l'UE che non c'è.

Dov'eri e cosa stavi facendo. Le due domande che ci faremo tra qualche anno.
Così come ricordiamo ancora dove eravamo e cosa stavamo facendo la mattina dell'11 Settembre 2001.
Io la sera del 13 Novembre 2015 stavo ripristinando un pc (quello di mia suocera).
Ore 22:14 sul mio stream twitter cominciano ad arrivare notizie non buone da Parigi.
Dopo un'ora, quando ancora la situazione non era chiarissima e per le strade di Parigi si continuava a sparare, nella trend list di twitter cominciava a fare capolino "Oriana Fallaci".

Ore 00:10 Hollande parla in tv e annuncia la chiusura delle frontiere.
Ore 11:00 del giorno dopo Hollande a reti unificate annuncia alla nazione che l'attacco terroristico è opera dell'ISIS e che la Francia non avrà alcuna pietà.
Stasera, ore 21:41, France Press annuncia che aerei francesi stanno bombardando Raqa, roccaforte dell'ISIS in territorio siriano.

C'è qualcosa che manca in questa sequenza di accadimenti (a parte la ragione).
L'UE. Manca l'Unione Europea.
Uno dei più importanti paesi dell'UE viene duramente attaccato dal terrorismo jihadista e la sua prima risposta è la chiusura a riccio. Unilaterale. La seconda risposta è una dichiarazione di guerra della Francia all'ISIS anch'essa unilaterale. La terza risposta della Francia sono dei bombardamenti in Siria.
Nel giorno in cui il terrorismo colpisce nel cuore dell'Europa, l'unica voce che si sente forte e chiara è quella francese. L'Unione Europea dimostra di essere unita solo nel nome.

E non è la prima volta. 27 Settembre 2015. La Francia annuncia una sua personale iniziativa di bombardamenti in Siria orientale (sotto controllo dello Stato Islamico) giustificandola come necessaria per la sicurezza nazionale francese. Gli altri paesi dell'UE storcono il naso. In particolare l'Italia impegnata a trovare con la Russia di Putin una soluzione in Siria che vede un ritorno "morbido" di Assad.
Addirittura il nostro Primo Ministro rinfaccia ad Hollande il "capolavoro" francese in Libia.

Insomma. Sulla questione mediorientale l'Unione Europea è coesa quanto un foglio attaccato al muro con uno sputo, la politica estera francese ha più di qualche lacuna e non è esente da clamorose cazzate.

Stamattina Facebook mi chiede di cambiare la mia immagine profilo con i colori francesi per "sostenere la Francia e i cittadini di Parigi". Mi devo schierare. Con chi stai?
No. Io non mi schiero. Ho pietà e provo dolore per i morti di Parigi. Maledico chi in nome di un fanatismo religioso semina morte e terrore.
Ma ho più di un dubbio sull'operato in politica estera del governo francese.
Stasera la Francia ha bombardato un territorio siriano senza interpellare l'ONU e il famoso Consiglio di Sicurezza, senza interpellare l'UE ma soprattutto senza interpellare il governo di Damasco che fino a prova contraria ha sovranità in Siria.
Non nel mio nome. La mia empatia col popolo francese non può arrivare fino ad avallare scelte autonome e unilaterali di un governo che io non ho votato e che per giunta si fa beffa dell'Unione Europea. 

Con chi stai? Con la ragione. Ogni santa volta che vengono riesumate le parole di Oriana Fallaci , parole contro tutto il mondo islamico, parole di odio e di intolleranza senza distinzione alcuna, mi vengono in mente i cani che mangiano il proprio vomito.


3 novembre 2015

Beneventum, 1985

3 Novembre 1985.  Fa freddo a Benevento. Pioviggina e fa freddo. A Benevento fa sempre freddo. Credo che sia un fatto mentale. Per chi viene, come noi, da Napoli, la città di Benevento è "'ncopp' 'a muntagna". Quindi fa freddo, a prescindere.

Stadio Santa Colomba. Sono con mio padre. Seduti sulle scomode gradinate della tribuna centrale. E' domenica pomeriggio e siamo qui per guardare un partita. Il Benevento, squadra locale, contro la Cavese, compagine salernitana. Quasi un derby.
In realtà a me e a mio padre non frega nulla di questa partita. Ma comunque siamo costretti a stare qui, su questi spalti, 'ncopp 'a muntagna. Amor familiare, come dice papà. Mia cugina, versante paterno, è sposata da qualche anno con un calciatore. Un difensore, mezza pippa, cresciuto nella primavera del Calcio Napoli con la speranza di fare il grande salto in Serie A. Oggi è seduto sulla panchina del Benevento Calcio. Noi da sopra lo salutiamo con la mano ogni volta che si gira o quando si alza per fare riscaldamento.

Sappiamo tutti che manco oggi giocherà, ce l'ha annunciato mia cugina venendosi a sedere sconfortata accanto a noi. Dice che l'allenatore è uno stronzo e che finita questa stagione il marito deve trovarsi un'altra squadra che non lo mortifichi come questa. Io ho solo undici anni ma mi è già chiaro che in realtà il marito di mia cugina è un pezzo di legno senza alcun talento e che il suo culo conoscerà tante e tante altre panchine.
Quindi siamo qui, in questo stadio mezzo vuoto a guardare uno schifo di partita tra due scarsissime squadre di serie C1.
Ma sia io che mio padre nelle nostre orecchie abbiamo un auricolare. Questo auricolare e collegato ad una radietta AM/FM. Questa radietta è collegata su "Tutto il Calcio Minuto per Minuto". Tutto il Calcio Minuto per Minuto ci sta raccontando "La Partita". "La Partita" è Napoli-Juventus.
Non siamo i soli. Attorno a noi quasi tutti guardano il campo del Benevento ma ascoltano la radiocronaca delle partite di Serie A. Tutti, non solo noi, attendono il miracolo allo Stadio San Paolo. Il miracolo di Diego Armando Maradona.

Inutile e superfluo ricordare cosa rappresenti per un tifoso meridionale la partita con la Juventus.
Ogni tanto un signore seduto sulla panchina del Benevento si gira, mi guarda e con le dita della mano racchiuse a cono mi fa cenno per sapere a che sta la partita del San Paolo. Io rispondo con due cerchi fatti con pollice e indice di entrambe le mani. Zero a zero.
Quasi alla fine del primo tempo mio padre smozzica una bestemmia. Espulso Bagni insieme a Brio. Sugli spalti dello stadio di Benevento si rumoreggia. Finisce il primo tempo al San Paolo. L'arbitro fischia anche qui. Sugli spalti dello stadio di Benevento si parla solo di Napoli-Juventus.
Comincia una pioggerellina più fitta. La temperatura si abbassa ancora. Mi stringo accanto a mio padre, legati dal filo degli auricolari. Ricomincia la partita qui e anche l'altra via etere.
Mia cugina ci informa di aver saputo da suo marito che forse l'allenatore del Benevento ha deciso di farlo giocare. Manco lo finisce di dire e il Benevento prende gol. Niente da fare. Mia cugina cade in depressione. Poco dopo il Benevento pareggia. Esultiamo un poco tutti applaudendo in modo composto, ma siamo tutti con la testa al San Paolo.

Arriva il settantesimo minuto. La radiolina ci racconta di Maradona atterrato in area. Rigore, urla qualcuno. No, punizione a due in area. Quello che è successo dopo è pura poesia.
Il ragazzo argentino di Lanus da posizione impossibile, su punizione, mette il pallone in rete. Dalla radio a stento si sente il commento del radiocronista coperto dal boato del San Paolo.
Tutto lo stadio di Benevento, appresa la notizia, si esibisce in un tremendo boato. Io grido istericamente abbracciato a mio padre.
In campo i giocatori delle due squadre si fermano. Guardano smarriti la panchina e gli spalti. Il pallone viene buttato fuori. Dalla panchina del Benevento si alzano tutti, girati verso di noi chiedendo cosa sia successo. Tutti gridiamo "Maradona!!". Abbracci e applausi anche dalla panchina. Attorno a me tutti in festa.
Intanto la partita riprende. Ma ormai non esiste altra partita all'infuori di quella di Fuorigrotta che volge al termine.
Triplice fischio. Benevento-Cavese, 1-1; Napoli-Juventus, 1-0.

Oggi son trent'anni esatti da quel giorno. Mia cugina in seguito divorziò dal calciatore, il quale calciatore si confermò una pippa, il Benevento finì terzultimo ma fu ripescato perché la Cavese venne retrocessa causa totonero, il Napoli finì terzo in campionato ma cominciò il cammino che portò due scudetti e una coppa Uefa sotto il Vesuvio, a Benevento fa freddo, Maradona è sempre meglio di Pelè.



31 ottobre 2015

L'età dell'oro dei nostri Nonni, vegani e non vaccinati (loro malgrado)


C'è stato un periodo in Italia in cui i nostri nonni e bisnonni sono stati vegani, o se più fortunati vegetariani, e in molti casi non vaccinati. E non per loro scelta.

Carne, burro, le stesse uova erano merce rara. Vaiolo, difterite e poliomielite si tramandavano allegramente mietendo morti. Molte zone del paese erano infestate dalla malaria. Ci si spezzava la schiena nei campi o nelle fabbriche per pochi soldi. L'infanzia, come categoria umana, non esisteva.
Si canticchiava "Mamma mia, dammi cento lire che in America voglio andar" e Aniello Califano scriveva "'O surdato 'nnammurato".
Era l'inizio del ventesimo secolo. Il secolo breve, così come lo definì Eric Hobsbawm. Un secolo con all'attivo due guerre mondiali nella prima metà e un boom economico nella seconda.

La situazione alimentare nell'Italia di inizio secolo è riassunta in modo molto efficace da questa tabella:

fonte: Nutrizione e Povertà in Italia, 1861 - 1911
Le proteine animali (la fetta di carne!) era roba per pochi ricchi. La dieta dei nostri nonni era tutta basata su proteine vegetali (rappresentata in gran parte da legumi e patate) e glucidi (pasta e pane).
Le (pochissime) proteine animali derivavano in larga misura dal pollame.

La situazione era questa. Niente o quasi carne rossa. Era meglio? Peggio? Dovremmo chiederlo a chi in quel periodo ci ha vissuto. Magari potremmo lavorare di nostalgia e idealizzare un'età dell'oro di inizio ventesimo secolo in cui i nostri avi, a differenza nostra, avevano capito tutto sull'alimentazione e sugli stili di vita.

Però i numeri ancora una volta sono abbastanza chiari.

fonte: ISTAT
In Italia ad inizio 900 vi era un'alta probabilità di morire prima dei 40anni. La curva delle nascite indica una mortalità infantile altissima. Gli unici punti in cui le due curve hanno degli andamenti anomali sono negli anni delle due guerre dove le morti sono per cause belliche.
Ma fino al 1912 quella curva ci racconta di malnutrizione, sottonutrizione, malattie virali e povertà.
Si mangiava poco, male e si era esposti maggiormente a malattie epidemiche.

fonte: ISTAT
fonte: ISTAT
Senza vaccinazioni, con i parti in casa e con una alimentazione carente di proteine e vitamine, le morti nei primi anni di vita erano la regola e l'aspettativa di vita molto bassa.
Riassumendo, se avevi fortuna a non morire nei primi 5 anni vita quasi sicuramente però non arrivavi ai 50 anni.

Mia madre mi racconta dei suoi sette fratelli morti. Chi alla nascita, chi di qualche malattia a pochi anni di vita. Mia nonna per poter avere cinque figli vivi dopo i primi anni di età ne dovette concepire dodici. Era meglio? Peggio? Mia nonna è morta quando io ero ancora ragazzino. Ma non mi pare che ricordasse con nostalgia ed enfasi la sua infanzia. Quello che ricordo è che mia nonna era felicissima di guardare "La Schiava Isaura" sulla neonata Rete4 e che amava il cantante Christian.
Una cosa che avevamo in comune io e mia nonna era un cerchietto, tipo bruciatura di sigaretta, sul bicipite. Anzi, mia nonna ne aveva due. Il mio cerchietto è del vaccino contro il colera, Napoli 1973.
Quelli di mia nonna forse li possiamo leggere qui:

fonte: ISTAT
Mia nonna è nata in un periodo in cui il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni era tra il 260 e il 460. Quando sono nato io il tasso era al 32.
Morbillo, pertosse, influenze e bronchiti erano tra le principali cause di decesso. Se leggete l'ultima colonna a destra, quella del 2008, queste malattie sono a zero. Zero!

Siamo stati fortunati? E' casualità?
Dal 1872 al 1998 l'altezza media degli uomini italiani si è alzata di 12 centimetri. Io sono molto più alto di mia madre e di mio padre.
Io non ho mai avuto problemi a raggiungere le 2000Kcal giornaliere. Anzi, la mia panza e le mie maniglie dell'amore (maniglie premium!),  mi ricordano che più volte quella soglia di calorie l'ho ampiamente superata in scioltezza. Si chiama benessere.
Malattie come vaiolo e difterite le conosco per averne letto sui libri. La parola poliomielite la pronunciò mia madre quando le chiesi, ancora bambino, perché il papà del mio compagno di classe zoppicasse. Le mie figlie non hanno nessun compagno di classe con un genitore poliomielitico.
Siamo stati fortunati? E' casualità?

In Italia la sottonutrizione (cfr. il non raggiungere le 2000Kcal medie, che non è un numero a caso ma uno studio scientifico del LARN)  ad oggi è praticamente inesistente. Il problema forse è il fenomeno della malnutrizione, cioè una dieta squilibrata tra glucidi, lipidi e proteine vegetali e animali.
Possiamo insomma mangiare meglio. Ma la nostra dieta è varia, ricca di alimenti e gusti.

Ieri leggevo un articolo del direttore di Internazionale Giovanni De Mauro. Il titolo è "Carne".
Un breve e sferzante attacco al consumo di carne (sulla scia emotiva del rapporto OMS sul rischio tumori delle carni lavorate) che passa prima in rassegna una serie di statistiche e poi conclude con questa affermazione:
Ogni volta che mangiamo una bistecca dovremmo ricordare quanta sofferenza e violenza ci mettiamo in bocca. Più che per la nostra salute, è innanzitutto per ragioni ambientali, economiche ed etiche che dovremmo smettere di consumare carne.
Quindi, secondo De Mauro, il fatto di essere riusciti nell'arco di un secolo a portare la carne sulla tavola di tutti e non solo dei più ricchi, l'aver trovato il modo (perfettibile, sicuramente) di sconfiggere la sottonutrizione, non è una conquista sociale ma addirittura una cosa non etica.
La soluzione, quindi, sarebbe di "smettere di consumare carne".
Al grido di "bovini e suini di tutto il mondo, unitevi!" ecco il nuovo paradigma dello sfruttamento. Non più dell'uomo sull'uomo. Ma dell'uomo sugli animali.

Ok. Smettiamo di consumare carne. Io non sono feticista né tanto meno un conservatore. Però dovete dirmi quelle 2000Kcal giornaliere "equilibrate" con cosa le sostituiamo.
E se decidiamo "tutti" di non mangiare più carne animale e derivati, allora mi dovete dimostrare che convergere "tutti" sul latte di soia o sul tofu, non significhi egualmente coltivazioni intensive  e distese di soia con eguali problemi di produzione.

Perché qui siamo tanti (solo in Italia siamo 60milioni). L'industria alimentare, agricola e zootecnica avrà sicuramente tanti difetti. Ma non si può negare di aver avuto il pregio di portare a "tutti" un'alimentazione sicuramente migliore di quella del 1911. Con tecniche avanzate che permettono di non doversi spezzare la schiena nei campi. Con un prezzo accessibile a tutti.
Possiamo discutere sugli sprechi, le modalità e sulle assurdità delle importazioni dall'estero. Su come rendere l'industria alimentare eco-sostenibile.
Ma non possiamo mettere in discussione una conquista alimentare e scientifica i cui dati positivi sono tangibili, solo perché "forse" la carne (lavorata!) può essere causa del cancro al colon o perché la sofferenza degli animali macellati ci è insopportabile.

Torniamo al quesito di prima. Siamo stati fortunati? E' casualità?
Bernardo di Chartres diceva che "siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti."
Che è la mia personale idea di progresso. Oggi abbiamo tanti vantaggi che potremmo perdere immediatamente pensando di averli acquisiti e non difendendoli.
Guardare al progresso scientifico come un derivato della speculazione finanziaria di industrie e multinazionali, e constatarne solo i difetti e non i pregi, a mio avviso, è pericoloso.
L'inoculazione del dubbio e relativizzare la conoscenza, porta a suggestioni che su larga scala possono essere disastrose.

Le soluzioni ai problemi si possono trovare. Ma sono nel progresso, non nel negarlo.
Mortificare le nostre menti idealizzando un'ipotetica età dell'oro del "prima" in cui tutto era bello, il contadino zappava felice la terra e tutti campavano meglio ballando al ritmo di tamburi e nacchere, è suggestivo, ma non è così.


12 ottobre 2015

La solitudine dell'Onesto Incapace

Ignazio Marino poche ore fa, ha rassegnato le dimissioni da Sindaco di Roma.
Si è scritto e detto tanto su questa vicenda triste che personalmente ha portato sconforto e amarezza.
Soprattutto per le modalità con cui questa vicenda è maturata.

Rileggendo e riguardando il crescendo wagneriano col quale si è ricoperta (mediaticamente) di fango la figura personale e istituzionale di Marino (e che lo stesso Marino, va detto, non ha certo aiutato a svangare) non si può ignorare il fatto che si è trattato di un "suicidio indotto". Marino doveva togliere il disturbo.

Amici che a Roma ci vivono, mi dicono che in effetti Marino in questi due anni e passa in qualità di Sindaco della capitale, non si era reso certamente memorabile come buon amministratore. E l'aver avuto in questo breve periodo il terremoto dell'inchiesta Mafia Capitale col conseguente affiancamento "sotto tutela" del Prefetto Gabrielli, non ha certo aiutato.
Aggiungiamo pure l'aggravante del carattere dello stesso Marino di cui non troverete traccia nella costellazione della simpatia e della modestia, e il quadro direi che è completo

Di tutta questa faccenda, però, a me ha fatto riflettere l'aspetto democratico e istituzionale.

Ignazio Marino nel 2013 si presenta alle primarie di centro-sinistra e (a sorpresa) stravince sul candidato forte del PD Paolo Gentiloni. Ricordiamoci che nel 2013 siamo nel pieno dell'ondata moralizzatrice e anti politica portata da Grillo e dal M5S. I cittadini cercano volti nuovi e il più possibile lontani da partiti politici. Marino viene percepito dai romani come persona onesta, lontano dai giochi di partito e quindi candidato ideale per il governo della città.
Alle elezioni, Marino ottiene prima il 42% e poi il 64% dei voti al ballottaggio, battendo nettamente il Sindaco uscente Gianni Alemanno (con una affluenza molto bassa alle urne).

Queste percentuali, tuttavia, ci raccontano di un entusiasmo e di un mandato forte che i cittadini romani esprimono a favore di Ignazio Marino. La maggioranza dei romani ha scelto il proprio sindaco per i prossimi cinque anni.

Dopo nemmeno due anni però la luna di miele è già finita. Marino è un incapace. Marino si deve dimettere. Marino è solo. Marino, alla fine, si dimette.

C'è in questa storia un sorta di schizofrenia; dei cittadini romani, del Partito Democratico e dello stesso Marino. Alla fine si è scoperto che Marino non lo voleva nessuno. Pur votandolo e sostenendolo. E che lo stesso Marino non è che ci tenesse più di tanto ad essere il Sindaco di Roma.
Il tutto maturato in un brevissimo periodo (due anni per giudicare un'amministrazione è da idioti)

Il mio personale pensiero è che in questi ultimi cinque anni stiamo vivendo tutti (politicamente) in una grossa bugia. La bugia dell'onestà. La bugia che "onesto" equivalga a "buon amministratore". La bugia che il votare uno onesto esoneri poi dall'impegno quotidiano di cittadini.
Sull'onda emotiva si eleggono onesti personaggi sulla base di una carriera rigorosamente non partitica, anzi, se manchevole anche di esperienza politica è motivo di orgoglio.
Poi però questo modello (che ha dignità democratica, nessuno lo nega) andrebbe supportato da un'impegno dal basso molto forte da parte dei cittadini atto a sopperire la mancanza di esperienza e del partito alle spalle del candidato "onesto".

Marino si è dimesso perché ormai solo. Senza più partito e senza il sostegno dei cittadini. Incapace, così, di amministrare una città complessa come Roma.

Ma a ben vedere la vera sconfitta è tutta dei cittadini romani. Senza alcun appello. Nell'incapacità di scegliere e soprattutto supportare l'amministratore scelto.

P.S.
Luigi De Magistris a Napoli  (altro figlio della grande bugia dell'onestà) diversamente ha capito che la sua forza sono le associazioni e i movimenti attivi sul territorio e da questi (forse con colpevole ritardo) sta traendo nuove forze per la fine del suo mandato che non ha certo brillato per risultati.
Sicuramente il non aver avuto alle spalle quella tana di serpenti che è il PD, lo ha maggiormente agevolato rispetto a Marino.


27 settembre 2015

Ciao Pietro

«Pensammo una torre/Scavammo nella polvere»

Pietro Ingrao (Lenola, 30 marzo 1915 – Roma, 27 settembre 2015)


26 settembre 2015

Inside Out e il mestiere di genitore

Così, ieri pomeriggio chiudo baracca e burattini, mi fiondo giù per le scale dell'ufficio e fuori al cancello trovo tre bellissime donne in auto ad attendermi. Andiamo allora? Un unico e corale "sì!" accompagna l'accelerata dell'auto. Vediamo cosa ci racconterà questa volta la Pixar. Sono proprio curioso.
Dopo aver incrociato i dati di tutti i cinema nel raggio di venti chilometri, scopro che a Casalnuovo, a esattamente otto minuti di auto dal mio ufficio, c'è un multisala con proiettori 4k che ha in programma Inside Out alle 18:30.

Arriviamo in una struttura anni 80 che tutto sembra fuorché un cinema. Alla cassa però prima bella sorpresa. Il costo dei biglietti è molto inferiori rispetto ai multisala che di solito frequentiamo, anche se una vocina comincia a dirmi "ci sarà un motivo...".
Insomma, entriamo in sala e ci è subito chiaro "quel motivo". La sala, come tutta la struttura, è ferma agli anni 80.
I timori di aver preso un pacco svaniscono appena comincia la proiezione. Video e audio sono perfetti. Anche le poltroncine (rosse) alla fine si rivelano comode e confortevoli.
Vai. Si inizia.

Come ormai da abitudine, la Pixar ci propone un cortometraggio come antipasto al film. Questa volta tocca a "Lava", che onestamente non mi ha fatto impazzire ma che ha cercato in tutti i modi di strapparmi (riuscendoci appena) la prima lacrima della serata. Cara Pixar, non giocare sporco. 
E invece la visione del film Inside Out è finita con tutti e quattro in lacrime.
Bello, molto bello. Ho dovuto rivedere la mia personale classifica Pixar che vede saldo e inattaccabile al primo posto quel capolavoro di Monsters & Co. e che adesso vede al secondo posto questa coraggiosa storia, scalzando il pur ottimo WALL•E che fa cadere dal podio Toy Story.

La narrazione di Inside Out è coraggiosa, potente, semplice, geniale. Una piccola rivoluzione nel mondo dei lungometraggi destinati ai più piccoli. Entrare nel mondo delle emozioni, del processo cognitivo e della memoria e raccontarlo con semplicità ma anche con rigore e divertendosi. Un miracolo (ho amato da subito Tristezza, bellissima).
Mi son ritrovato a piangere ridendo. A mia discolpa, va detto che la bambina ragazza protagonista del film ha la stessa età della mia primogenita e quindi mi sono immedesimato tantissimo.

Inside Out ci dice una cosa molto vera e molto bella. Non esiste felicità e basta. Anzi, la felicità non esiste senza il suo contrario, la tristezza. Equilibrio, ci deve essere equilibrio e provare tutte le emozioni (nel film oltre alla felicità e alla tristezza troviamo anche la rabbia, la paura e il disgusto). 
Questa ricerca di equilibrio che è alla base della crescita dei nostri figli, implica la libertà per i bambini/ragazzi di poter rielaborare le loro emozioni e i loro processi cognitivi in autonomia.

E qui arriviamo, secondo me, ad un grande messaggio che ci viene da questo film.
L'eccessiva protezione e l'eccessiva presenza dei genitori nella fase di crescita di un bambino mortifica e altera l'equilibrio tra le emozioni e i processi cognitivi.
Volere a tutti i costi la felicità dei nostri figli intervenendo in prima persona pur di evitare ai nostri amati pargoli tristezza e dolore, è profondamente sbagliato.
Questo ruolo ipertrofico dei genitori ha come speculare ragazzi deboli e confusi.

Noi non ci saremo per sempre. Il più grande regalo che possiamo lasciare ai nostri figli e di averli resi autonomi, forti e in grado di avere tutti gli strumenti morali, culturali e cognitivi per poter affrontare il proprio viaggio. Ma è un viaggio che dovranno fare da soli.
Inoltre, avere anche la serenità e la consapevolezza che errori se ne faranno ma che nulla è irreparabile.

Crescere è come trovarsi davanti una tela bianca. Colori e pennelli li possiamo mettere noi. Ma il quadro lo dipingeranno loro. Da soli.

p.s.
Alla fine del film è accaduta una cosa gravissima. Mi hanno tagliato i titoli di coda, io che li vedo sempre fino alla fine ("hai risparmiato sul biglietto...ecco i risultati") e quindi non so se c'è qualche sorpresa finale. Illuminatemi se lo avete visto fino alla fine dei titoli di coda. Grazie.


20 settembre 2015

Truuutù, Tattà


Uscita Corso Malta. Casello e poi rampa per la SS162, direzione casa. Truuutù, Tattà. Truuutù, Tattà. Le ruote dell'auto passano sulle bande sonore. Truuutù. Poi sulle giunture del viadotto. Tattà.
Se ci metti una buon giro di basso esce una cosa anche carina.
Sono anni che ci passo. Truuutù, Tattà. Truuutù, Tattà. E' la colonna sonora di fine serata. Delle serate passate a Napoli. Truuutù, Tattà.
Una di quelle cose che in questi ultimi quindici anni non è mai cambiata. Truuutù, Tattà. Truuutù, Tattà. Rassicurante, in un periodo di cambiamenti. Cambia tutto. Ma qui, a differenza di Tomasi di Lampedusa, cambia veramente tutto.

Ci si è messo pure Google che di punto in bianco ha deciso di cambiare logo. Io che ancora oggi, a volte, il Twix lo chiamo Raider. Alle volte sento anche un poco la nostalgia di Berlusconi. Era bello e rassicurante avere chiaro chi fosse il PDM (pezzo di merda) e andargli a testa bassa contro.
Cambiano con dolore anche alcuni automatismi di care amicizie. Ci si trova a volte a non saper nulla e non avere parole. Si cambia, mi dico. Ma alcune di queste sarebbero potute restare intatte. Forse sì, se non fossi cambiato soprattutto io.

Cambiamenti, insomma. Arriva il giorno che tua figlia cresce. Prima media. Ci hanno detto che le sezioni migliori sono la A e la B. La Riccia è andata nella C. Noi siamo felici. Lei è felice. Non esistono sezioni migliori di altre e fare le sezioni ghetto dei "perbene" a me fa schifo. Questa cosa non è cambiata, per fortuna. Poi c'è quel monumento di Nina che è un faro quando alle volte mi capita di perdere la rotta e di avere la vista offuscata dalla nebbia di questi strani tempi. Nina mi riporta sempre in sicuri approdi. Il nostro. Che non cambia.
Truuutù, Tattà. Truuutù, Tattà.




7 settembre 2015

Quel tamarro di Cosimo Fanzago


Entrò nella chiesa, accompagnato dai monaci certosini. Piccolina, pensò. Alzò lo sguardo al soffitto e scosse la testa. Ancora quel vecchiume gotico, quegli archi di pietra grezzi del cazzo. Che tristezza questa Certosa di San Martino.
Vorremmo qualcosa di nuovo, di moderno, ma non sappiamo cosa, disse uno dei monaci.
Cosimo portò la mano al petto, fate fare a me, ci penso io, darò un tocco di eleganza e raffinatezza a questa cappelletta che vi ostinate a chiamare chiesa.
Ed ecco spuntare policromie di marmi e pietre colorate, riccioloni di marmo come un coltello caldo che sfiora il burro, putti e puttini dalle gote paffute e dai piedi pagnottosi. E poi, il colpo di classe.
Decorazioni a rosoni, con forme vegetali, dei cavolfiori, delle insalate, di marmo, giganti, attaccate ai pilastri della navata centrale. Ed anche sul soffitto, in gesso, rosoni enormi, tra un affresco e l'altro a cancellare per sempre quel pezzente di Tino da Camaino e il suo gotico da sfigato.
Quando Cosimo mostrò l'opera completata, i monaci restarono senza parole, soprattutto per il conto presentato che vedeva alla voce "marmi" una cifra con la quale all'epoca si sarebbero potute erigere quasi altre quattro certose.

Ormai a Napoli non si parlava d'altro. Cosimo Fanzago era una star, richiesto ovunque. Un Barbiere di Siviglia ante litteram. I suoi riccioli marmorei e l'uso spregiudicato dei colori erano diventati per la nobiltà napoletana un vanto da sfoggiare. Ovunque ci fosse ancora un vago ricordo gotico angioino, una parvenza di sobrietà che poteva essere scambiata per miseria, Cosimo aveva la soluzione: tonnellate di marmi, tanto che a Carrara i primogeniti maschi per un periodo vennero chiamati come lui, Cosimo.

Anche nell'austera basilica di San Lorenzo Maggiore, raro esempio di gotico transalpino alle pendici del Vesuvio, Cosimo decise di lasciare la sua firma. Ed ecco "il cappellone" di Sant'Antonio.
Una chiesa nella chiesa. Era più forte di lui, non poteva passare inosservato. No. Ed ecco ancora marmi lucidi e coloratissimi, foglie, rosoni e capitelli come se non ci fosse un domani.
Ancora oggi entrando nella basilica e guardando l'opera di Cosimo, si ha la sensazione di un gessetto stridente sull'ardesia. Un soprano che stecca il Der Hölle Rache.

Pleonastico e glamour, spietato killer del gotico, Cosimo Fanzago può essere, a ragion veduta, considerato il vero capostipite dei tamarri napoletani.

(prima che gli storici dell'arte mi mandino lettere o commenti pieni di insulti, questo racconto è una mia personale ricostruzione romanzata e fantasiosa, frutto di una domenica mattina a spasso per musei, certose e castelli. Resta però il fatto incontrovertibile che il Fanzago sia un gran tamarro).


6 settembre 2015

Brevi colloqui metropolitani [1]


- ...è bell' 'stu libbro?
- ??
- [alzando la voce] è bell' 'stu libbro??!!
- Sì...bello...non male. Lo devo ancora finire. Per adesso è bello.
- Comm' ssè chiamm'?? [abbassa la testa e legge la copertina] "La shcopa del sistema"...
- Sì, La scopa del sistema. Foster Wallace.
- Ah, ma è nu fatt' erotico?
- ...




22 agosto 2015

Il funerale di Casamonica, la Luna e Welby

No. Non esiste alcun reato in Italia per "Funerale pacchiano, sfarzoso con la banda che intona il tema de Il Padrino".
Non esiste manco il reato di "Parenti agli arresti domiciliari che partecipano ad un funerale". Anzi, è proprio consentito dalla legge.
Qualcuno sta cercando di appigliarsi al fatto dell'elicottero e al lancio dei petali rosa. Ma lo stridio delle unghie sui vetri è abbastanza forte.

Esiste sicuramente in Italia il reato di associazione mafiosa. Esiste il reato di spaccio di droga, il reato di riciclaggio e quello di corruzione, racket, usura, totonero, omicidio, furto, rapina, gioco d'azzardo.
I Casamonica possono fregiarsi di aver commesso tutti questi reati. Ma non possono certo essere incolpati di aver organizzato un funerale che ha urtato il nostro senso estetico.

La domanda che noi come cittadini dovremmo porci non è tanto perché il Questore o il Sindaco di Roma abbiano permesso il funerale di un boss di uno dei clan più importanti della Capitale (scimmiottando le cretinate che mediocri giornalisti in cerca di click e di hype cercano di propinarci).

Dovremmo, invece, domandarci e chiedere conto del perché un clan mafioso riconosciuto e acclarato, abbia ancora oggi la forza economica e un'influenza tale da poter organizzare una commemorazione in stile hollywoodiano piena di gente. Domandarci perché fino a qualche anno fa esponenti del clan si facevano fotografare insieme ad un sorridente Alemanno all'epoca sindaco di Roma.

Lo Stato italiano ha fatto una figura di merda (non giriamoci troppo attorno con eufemismi) non perché abbia concesso quei funerali. Ha perso perché a quei funerali era presente tantissima gente, perché i Casamonica sono ancora in attività e i loro beni, la loro potenza economica, non è stata minimamente intaccata dalla giustizia.

Il funerale di Casamonica è il dito che ci indica cose molto inquietanti. Ma tutti stiamo guardando solo quel dito, perdendo tempo a discutere sul Questore e sul Sindaco Marino che (poveraccio) questa volta veramente non centra nulla.

E tra i tanti che si son messi a guardare il dito, non poteva mancare lo sferzante Roberto Saviano che ci va giù duro col classico momento recriminazione che chiunque abbia dei figli conosce molto bene: Perché a lui sì e a me no??
In tutto questo trambusto, Saviano si fa paladino di Piergiorgio Welby chiedendo, indignato, perché a Casamonica (uno sporco mafioso!) hanno concesso le esequie quando proprio nella stessa chiesa vennero invece negate all'esponente radicale morto per eutanasia.

Sulla vicenda il parroco della chiesa è stato molto chiaro: "Casamonica era un cattolico, Welby no".
E qui chiude tutto.
Perché, cari amici cattolici, voi non dovreste mai dimenticare che la Chiesa Cattolica Romana è famosa per essere il "Culto del Condono". Tutto (o quasi) viene perdonato dalla misericordia di Dio. In passato questa cosa veniva anche agevolata dalla famosa "Pecunia non olet".

Il come e se debbano essere somministrati i vari sacramenti, è regolato dal Codice di Diritto Canonico e dal Catechismo della Chiesa Cattolica
Ad esempio (il sottolineato è mio)
Can. 1184 - §1. Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche:
1) quelli che sono notoriamente apostati, eretici, scismatici;
2) coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana;
3) gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli.
§2. Presentandosi qualche dubbio, si consulti l'Ordinario del luogo, al cui giudizio bisogna stare. 
(fonte: http://www.vatican.va/archive/cod-iuris-canonici/ita/documents/cic_libroIV_1183-1185_it.html#CAPITOLO_II)
La Chiesa non nega le esequie a nessuno dei suoi fedeli, anche se quest'ultimo è un serial killer. Tuttavia lascia al Cardinale o Vescovo di territorio la discrezionalità in alcuni casi (vedi il diniego in Sicilia e a Napoli delle esequie ad alcuni mafiosi).
Se questa cosa non vi piace, vi consiglio di dare uno sguardo all'offerta spirituale di altri culti.

Piergiorgio Welby, oltre ad essere un grande attivista radicale era anche un gran figlio di puttana.
Dopo aver strenuamente combattuto per il diritto laico all'eutanasia contro il bigottismo cattolico e dello Stato italiano, in punta di morte ha fatto come quel tifoso del Milan che dice "Un minuto prima di morire, divento interista, così muore uno di loro".
A Welby del funerale in chiesa non fregava nulla. Si è solo tolto lo sfizio di lasciare dopo la sua morte un bel cerino accesso nelle mani del Vicariato romano.

Alziamo lo sguardo, cambiamo focale. C'è la Luna. Proprio lì.


16 luglio 2015

Purtroppo non capisco



Ieri sera ho provato un AppleWatch (in un AppleStore)

Sensazioni.
Costruzione perfetta. Come sempre. La percezione che stai utilizzando un prodotto ottimamente ingegnerizzato. Hardware e Software che rispondono all'unisono. La coroncina gira e lo schermino risponde. Tocchi lo schermino e tutto risponde alla perfezione. Una sinfonia perfetta.
Schermo brillante, definitissimo. 
Lo stato dell'arte nel wearable.

Funzioni.
L'orario (che c'è) è l'1%. C'è il resto. C'è tutto. 
Foto, Mappe, Rubrica, Agenda, Meteo, Messaggi. Tutto. Tanto. Mi ci sono perso.
Funzioni "health" che non ho potuto testare e che sembrano molto ben fatte.
Le App di iOS funzionano bene e anche se "redux" sono efficaci e funzionali.
Il tutto ovviamente richiede delle ottime diottrie.

Design.
E' brutto. Ma assai. Uno scaldabagno da polso. Negazione totale di eleganza.
Non hai scelta. La forma è quella. Per tutti.
Ma qui entriamo nei gusti. E così come per i testicoli, ognuno c'ha i suoi.
Due ragazzi accanto a me infatti lo commentavano con "Design pazzesco!".

Feeling.
Ci ho giocato per una ventina di minuti. Forse la navigazione va rivista. Non proprio intuitiva.
Ci ho messo più del dovuto per capire l'interazione e le funzioni del tasto e della coroncina laterali.
Per tutta la durata del nostro incontro, la mia domanda all'AppleWatch è stata essenzialmente:
"E quindi?"
Mi stai replicando sul polso cose che ho già.
Non mi ha dato quella sensazione di killerapp, di musthave.
(cosa che mi successe con l'iPad+GarageBand)
E' una periferica (moooolto costosa) per l'iPhone senza il quale AppleWatch semplicemente non serve.
Ed è quel "moooolto costosa" che come sempre la renderà maledettamente desiderabile a centinaia di Lemmings.

Conclusione.
Alla fine ci siamo lasciati.
Gli ho fatto i complimenti.
Però prima di andare via, ho cliccato sull'icona di Siri e ho cliccato sulla coroncina e ho chiesto a Siri:
"AppleWatch, ma io e te, che cazzo se dovemo di??"
"Purtroppo non capisco"
"Appunto"


5 luglio 2015

Ruggine e salsedine.

"Costa, dove vai?" Costa prese il casco bianco con sopra disegnati tanti omini colorati in stile Keith Haring, appoggiò il piede destro sulla sedia all'ingresso e mentre eseguiva a memoria il nodo ai lacci delle sneakers, disse senza girarsi "Esco, ci vediamo stasera".
"Costa, dobbiamo andare a votare!" la voce del padre di Costa si stava avvicinando insieme ai passi strascinati. "E' importante, cazzo, dobbiamo votare 'No', Costa! Per ricominciare col piede giusto! Per liberarci da questi strozzini e da quella puttana della Merkel!" adesso il padre era proprio alle sue spalle. Costa avvertì un forte odore di alcol.
"Papà, siamo morti già da un pezzo, a più tardi".

Costa accese lo scooter e diede di gas. Chiuse gli occhi e per un attimo fu felice di sentire l'aria sul viso, anche se calda. Costeggiò i resti dei cantieri navali di Pèrama. I muri erano pieni di manifesti elettorali con scritto in rosso "Oxi".
Il padre di Costa era disoccupato da tempo. Ex operaio dei cantieri navali. Gli avevano detto che c'era la crisi. Trecento euro al mese di sussidio di disoccupazione. Un infarto senza assicurazione sanitaria. La depressione e poi l'alcol.

"Zoe, sono io, scendi". Costa fu avvolto da una folata di odore di ruggine misto a salsedine provenire dal palazzo di Zoe. Lo stesso odore che c'era nelle cucine del villaggio turistico dove Costa lavorava. Un resort con tante stelle e tanti turisti stranieri che facevano la bella vita spendendo poco. Tanti italiani, tanti tedeschi. Costa faceva il cameriere. Il turismo era uno dei pochi settore che dava ancora delle garanzie di guadagno.


"Eccomi, andiamo?" Costa guardò Zoe, pensò che era proprio bella con quegli orecchini a cerchio grandi, la canottiera bianca e gli shorts di jeans. "Dai, sali dietro". Costa sentì il profumo di balsamo dei capelli neri di Zoe e i seni schiacciarsi contro la sua schiena. Accese lo scooter e partì. Costeggiarono un plesso scolastico con una lunga fila di persone in attesa di entrare per votare.
"Costa, forse dovremmo votare anche noi, non ti pare?" la voce di Zoe cercò di sormontare il rumore del vento e dello scooter. Costa non rispose. Zoe allora lo strinse più forte, appoggiò la testa sulla schiena di Costa e chiuse gli occhi.


Costa aprì la porta dell'appartamento. Puzza di chiuso e di moquette umida. Il suo amico e collega Theo gli aveva prestato la casa. Theo era al lavoro oggi. Costa la prima domenica del mese era sempre di rotazione. Zoe impiegò qualche minuto a trovare l'interruttore della luce nel bagno. Si spogliò. Chiese a Costa di spegnere tutte le luci. Fece una corsa e si infilò sotto il lenzuolo.
Il tempo riprese a scorrere quando Costa riaccese la luce. Guardò l'orario dallo schermo del suo smartphone. Erano le undici meno un quarto di sera.
"Cazzo! E' tardissimo!" Zoe scese dal letto, entrò in bagno e cominciò a infilarsi mutandine e shorts. 
Uscì dal bagno con il petto nudo. "Ma li senti questi boati da lontano? Cosa saranno?"

Costa era ancora steso sul letto, le mani dietro la testa, gli occhi fissi sul soffitto. 
"Zoe, dimmi che tu ci sarai. Sempre."


5 giugno 2015

De Luca, una vittoria deludente.

Dal 2008 ad oggi il peggior risultato del PD in Campania, sia in termini assoluti che percentuali, è stato quello di domenica scorsa. Ho messo un poco di dati in fila. 
Ho preso a campione due cicli completi di Politiche/Europee/Regionali dove poter rilevare dati territoriali regionali.
Ovviamente sono offerte politiche differenti ed eterogenee (cliccate sull'imagine per ingrandire), ma essendo una serie storica, questi numeri raccontano comunque dello stato di salute del consenso di un partito in Campania.


Nel 2015 il PD presenta un candidato scialbo, vecchio (non anagraficamente ma di contenuti) e inviso da molti. 
Il risultato è stato una vittoria (scontata, considerando che l'avversario principale era il governatore uscente il quale non aveva certo i risultati dalla sua parte), ma una vittoria deludente. 

La sensazione è che sia stato più Renzi il traino che le mirabili imprese e l'appeal dello Sceriffo di Salierne.
De Luca contro cinque anni di governo Caldoro avrebbe dovuto stravincere. Invece abbiamo il risultato più deludente in Campania dalla nascita del Partito Democratico.

Qui la tabella utilizzata per l'analisi:


(a questo link sono disponibili i dati nel formato Google Doc)

3 giugno 2015

Non mi mancherete. (di Rafa Benitez)

E dunque io sarei il chiattone, il panzone,
quello a cui piace il vino.
Anzi, com'era quella cosa? Pall' 'e sivo?
Bravi, continuate. Continuate pure.

Quando son salito sul jet privato,
da Capodichino, direzione Madrid,
mi son sentito leggero, e solo per un attimo
avrei voluto affacciarmi dal finestrino
per sputarvi in testa, non a tutti. S'intende.

E dunque io sarei 'o 'nzallanuto
che non capisce il calcio italiano.
"Il-calcio-italiano", manco fosse una specialità.
Il vostro calcio puzza di merda.
Come gli organismi in putrefazione.

Pareggi, difese a cinque se non a otto.
Stadi decadenti e tifosi che si sparano
Cialtroni a commentare negli studi televisivi
Un presidente di federazione mortificante solo a vedersi.

Che magnifica terra Napoli, dall'alto.
Quante cose straordinarie da vedere e da vivere.
Le mie figlie sbalordite per il San Carlo, Pompei
il Golfo, il Vesuvio. Un vero paradiso.
Finché non conosci il peggio.

Il Napoletano supponente e giornalista,
e qui tocchi veramente il fondo.
Tutti a seguire il sandalo, nessuno mi ha capito.
Mediocri siete, mediocri rimarrete.

Com'era la cantilena?
'O chiattone se n'adda ij. Eccovi serviti.
Me ne sarei andato comunque, anche gratis.
Anche solo per non rivedere Massimo Mauro.
Farabutto e in mala fede.

Avete pure il coraggio di dirmi
che la stagione è stata fallimentare.
A me che avevo chiesto Mascherano
E mi son ritrovato un David Lopez.

La mortificazione di insegnare calcio
a delle capre. Inler, Britos, Jorginho, Gargano.
A Liverpool pulirebbero le scarpe ai giocatori.
Quelli veri. Ho fatto miracoli. Ho cercato la quadra.

Non mi mancherete. No, per nulla.
Non mi mancherà Aurelio e le sue promesse vane.
Non mi mancherà il tifo "contro" del San Paolo.
Specialmente non mi mancherà Castelvolturno.

Pensavo, sbagliando, di poter fare bene.
Di avviare un progetto vincente.
Mi son scontrato con tutti i limiti di una città,
di Aurelio e di mediocri giocatori.
Forse mi sono sopravvalutato.
Forse vi ho sopravvalutati.

Adesso sto per entrare al Santiago Bernabeu,
la storia del calcio. Quello che conta.
Florentino Perez mi presenta, flash, applausi.
Io mi commuovo, non mi trattengo. Piango.

Piango perché mi sono liberato. Libero.
Piango perché l'incubo è finito.
Sono a casa mia. Dove sono Rafa.
Rafa e basta. E se perdo non sarò "El gordo".

Sono il nuovo allenatore del Real Madrid.
I Galacticos. Più trofei che posti a sedere.
Il chiattone vi saluta, adagiando la mano sinistra
nell'incavo del gomito destro. Toh!!!
('afancul...questo l'ho imparato bene)

1 giugno 2015

Regionali Campania 2015 - Power View

Ho collezionato un poco di dati per cominciare a fare qualche riflessione.
Utilizzando Excel 2013 con PowerPivot e PowerView (due strumenti eccezionali della nuova suite Power BI di Microsoft) ho fatto alcune analisi del voto in Campania.

In generale c'è un arretramento di consensi nei due schieramenti principali dovuti sia all'aumento dell'astensione (uno cittadino su due non è andato a votare) sia all'ottimo risultato del M5S.

La prima analisi è per Area. Raggruppando i dati per Area politica e raffrontando il 2015 con la precedente tornata elettorale del 2010.
(clicca l'immagine per ingrandire)


C'è un dato strepitoso. Il M5S in cinque anni (nel 2010 si presentò Roberto Fico) aumenta di ben 913%. Ed è l'unico dato veramente di rilievo in uno scenario di generale arretramento di consenso. Il PD può esultare a metà. Porta De Luca in Regione ma lascia per la strada 164.400 voti.
Il Centro Destra sembra lo schieramento maggiormente eroso dall'astensionismo e dal M5S.
La Sinistra galleggia e non incide.



L'analisi di contribuzione dei vari candidati fa emergere un ruolo importante delle liste De Luca Presidente e Caldoro Presidente (certificando il fatto che nelle elezioni regionali prende molto peso il candidato rispetto al partito).

Direi che "non fu tutta gloria". Io il dato lo leggo in modo abbastanza anti-politico.
Ci sono due driver in estrema ascesa. Il primo è l'astensionismo al 50% che è la vera sconfitta per tutti i candidati. Significa non essere riusciti (nessuno dei 5 candidati) ad offrire risposte e motivazioni per metà dei cittadini della Campania. Il secondo sono i 373mila voti del M5S che nascono come forma di protesta contro il finto dualismo destra/sinistra.

All'orizzonte, purtroppo, non si scorge alcuna nuova classe dirigente in grado di proteggere e sostenere le istanze del Sud d'Italia.


30 maggio 2015

Il Peggio della Campania.

Col tempo impari che le belle storie in politica non esistono. E se esistono sono esclusivamente di minoranza. Ma quando ti proponi al governo della cosa pubblica ci sono solo interessi e garanzie per quegli interessi. Tu stesso devi essere garanzia. Garanzia per lo status quo. Diversamente sarebbe rivoluzione. E non mi pare che all'orizzonte se ne scorga traccia.

Domani nella mia regione, la Campania (ex Felix), saremo chiamati al voto per scegliere i prossimi cinque anni di governo. Come detto, non c'è alcuna bella storia. Nessuna rivoluzione. Tutt'altro. I due schieramenti maggioritari (PD e Forza Italia) si sono talmente impegnati nel rinnovamento e nello svecchiamento da riproporre esattamente lo stesso schema di cinque anni fa: Caldoro vs De Luca. Ancora loro come nel 2010.

Di Stefano Caldoro non c'è molto da dire semplicemente perché in questi cinque anni in cui ha governato la Campania non ha fatto nulla (per riferimenti andate qui). O meglio, ha semplicemente gestito e certificato il più spaventoso arretramento e impoverimento della regione Campania degli ultimi trent'anni. Guardatevi attorno. Sanità, trasporti pubblici, ambiente, strade. Tutto è peggiorato. E Caldoro è stato il miglior garante possibile per gestire privatizzazioni selvagge (cfr. TPL campano) garantendo rendite acquisite e sottraendo servizi per i cittadini più poveri (cfr. Sanità pubblica).

"Quando il popolo avrà scelto il problema non si porrà più". Sembrerebbe una frase detta da Silvio Berlusconi. Invece l'ha detta qualche giorno fa Vincenzo De Luca poiché, in base alla legge Severino, risulta essere incandidabile (come saprete la legge Severino si applica solo agli altri e pare che non valga per il PD).
Ma che De Luca fosse impresentabile lo si intuiva anche senza magagne giudiziarie.

Vedete, su Vincenzo De Luca da anni aleggia il mito del grande sindaco, dell'illuminato amministratore che fa risorgere una città, integerrimo sceriffo con tolleranza zero. Qualcuno si spinge a definirlo persino grande statista. Ebbene, per "Vincezo 'a funtana" vale quanto già detto in passato per Gianfranco Fini: è nettamente sopravvalutato.
Senza voler togliere meriti evidenti ma riportando il tutto alle giuste proporzioni, basti sapere che la città di Salerno conta 135mila abitanti (Napoli ad esempio ne conta 990mila) su una superficie di appena 59km quadrati (la sola Giugliano ne conta 94km).

La politica di De Luca è vecchia. Ed è basata sulla costruzione del consenso attraverso il cemento, le clientele e una buona dose di populismo distillato in diretta televisiva su un'emittente locale.
(io poi personalmente lo ritengo anche proto-fascista, ma questa è una mia sensazione personale)

Di questa orrenda campagna elettorale dove si è parlato molto dei personaggi e poco dei problemi da risolvere, restano le belle storie di Marco Esposito con la sua lista civica MO! l'unico che abbia avuto il coraggio di parlare di Nuova Questione Meridionale, quella di Valeria Ciarambino del M5S per l'energia e la determinazione con cui ha cercato di riportare al centro della politica il bene comune, quella di Salvatore Vozza che è riuscito nell'impresa (ardua) di aggregare quel che è rimasto della sinistra in Campania. Ma come detto all'inizio, queste storie seppur belle lo sono in quanto minoritarie.
Verrebbe quasi da chiamarsi fuori. Dire "no, non voglio scegliere perché nessuno di voi mi rappresenta. Perché io, noi tutti meritiamo qualcosa di più di un ectoplasma o di un capuzziello!".
E allora forse vale la pena provare a investire un poco del nostro tempo in una bella storia.
Chiamarsi fuori è impossibile. Se la Campania voterà De Luca la Campania sarà De Luca, esattamente come per molti anni l’Italia, che ci piacesse o meno, è stata Berlusconi. Paradossalmente i partiti che da anni gestiscono con grande controllo i nomi degli eleggibili sono l’altra metà della nostra debolezza. Nel caso di De Luca (ma anche di altri candidati imbarazzanti del PD in giro per l’Italia) la retorica della rottamazione esce rottamata come di più non si potrebbe. E questo perché molto spesso non ha saputo imporre un metodo semplice a prova di elettore scemo: mettere in lizza candidati migliori.
(Mantellini - Gli elettori)


17 maggio 2015

Sotto attacco dell'idiozia.

Una lite tra due ragazzi di 12 anni trasformata in uno scontro di religione con matrice islamica. Uno spunto sublime per giornalisti mediocri in cerca di hype e clic. Quindi la notizia "come una freccia dall'arco scocca, vola veloce di bocca in bocca" e diventa in un niente un attacco alla religione cattolica e al crocifisso da parte degli immigrati invasori. Il sottinteso è "andatevene a casa vostra". Si mobilitano tutti. I papa-boys condividono crocifissi sulle bacheche su Facebook. Salvini si gusta la scarpetta. "Avete visto? Ve l'avevo detto io!".
Basta però un poco di tempo e la merda risale sempre a galla. E si sta configurando un caso di bullismo al contrario contro un ragazzino senegalese che non spiccica una parola della nostra lingua.

Bravi. Tutti. Sono settimane che ogni volta che faccio un veloce zapping tra le reti nazionali, non c'è volta che arrivando su Rete4 non ci sia qualcosa contro l'immigrazione o i Rom. Non c'è programma di approfondimento politico (di qualsiasi rete) che non inviti come ospite Matteo Salvini.
C'è qualcuno che si è preso la briga di fondare un movimento per "sostenere la Leadership di Matteo Salvini nel Sud Italia".

Insomma, nel 2015 va tanto di moda l'idiozia. Costa poca fatica e magari ci fai anche bella figura e troverai tante testoline ad annuire.
Perché credere che le nostre miserie e le nostre insicurezze dipendano da qualcun'altro, magari uno straniero, è sempre tanto rassicurante.


16 maggio 2015

Il Napoli allo specchio.


E' stata dura. Una bella mazzata. Una secchiata di acqua ghiacciata sulle nostre teste. Un dolore acuto. Una fitta persistente. Guardarli inzuppati d'acqua, impotenti, mediocri e attorniati da una bolgia slava festante. Mentre noi nelle nostre case facevamo finalmente i conti con la realtà che, come sempre, si palesa nel modo più violento e crudele.
Il compito del vincitore è di far festa. Quello di chi perde è chinare il capo umilmente e guardarsi impetuosamente allo specchio. Nudo.

Era nell'aria. Questo lo posso dire con sicurezza. Sì, ce lo sentivamo tutti che non sarebbe stata gloria. In #CurvaCasaGiglio l'atmosfera era tesa. Gonzalo Higuain ha sul piede la prima netta palla gol della partita. Normalmente ci sono delle urla di accompagnamento, di incitamento. In quell'azione, invece, nessuno dei presenti ha proferito parola. Abbiamo visto il tiro del Pipita miseramente infrangersi sulla saracinesca ucraina in silenzio, con un sospiro finale. E ognuno dentro sé ha capito come sarebbe andata.

Io adesso ne sto scrivendo. Perché adesso mi sto riprendendo. Sto pian piano elaborando. Io che dopo il Wolsfburg e il sorteggio col Dnipro ero sicuro sicurissimo di poter assistere dopo ventisei anni ad una nuova impresa della mia squadra del cuore. Io che nel 1989, quando Ciro Ferrara insaccò alle spalle di Eike Immel su azione di calcio d'angolo, non avevo ancora la barba.

E allora, quindi, ci tocca. Da sconfitti e con l'approssimarsi della fine di una stagione che possiamo tranquillamente definire fallimentare, dobbiamo guardarci allo specchio e dirci tutto. Con franchezza e tranquillità.

Io però alle solite disamine tecniche/tattiche, vorrei fare una mia personale considerazione. Una cosa che è nata mercoledì sera vedendo la (bella) partita disputata dalla Juventus sul campo del Real Madrid.
Fine partita. Uno stremato Buffon raggiunge i microfoni di Mediaset accompagnato da una bellissima donna bionda sorridente. Ma chi è? Vado a leggermi l'organigramma societario della Juventus 2014/15 . Porca misera. Quanta gente. Nell'Area Comunicazione ci sono più persone che giocatori in panchina.
La bella bionda dovrebbe essere tale Enrica Tarchi, direttore ufficio stampa.
Allora vado a vedermi l'organigramma societario del Napoli 2014/15. L'area comunicazione è formata da sole due persone: Nicola Lombardo e Guido Baldari. Che quest'anno si sono distinti per aver fatto toccare al Calcio Napoli uno dei punti più bassi sul piano della comunicazione. Dall'imbarazzante presentazione a Dimaro fino al prolungato silenzio stampa di questo periodo.
Un disastro. Diciamocelo.

Poi se andiamo a vedere l'Area Direttiva salta maggiormente all'occhio una sostanziale differenza. 
La Juventus (ma anche Milan e Inter) è una vera e propria azienda. Articolata. Ci sono nomi e cariche in quantità. Ci sono ex calciatori come dirigenti (cosa bellissima che a mio modesto avviso da un forte segnale di appartenenza alla maglia). Possono vantare i servigi dell'avvocato Giulia Buongiorno per la giustizia sportiva (vedi caso Conte). 
Il Napoli si avvale di tal Mattia Grassani che, oltre a non essere in organico, non è stato capace manco di impedire l'assurda punizione a Rafa Benitez per la frase di Parma.
Il Napoli appare come una media impresa a conduzione familiare. Certo, con i conti in regola e una sana gestione. Ma non comparabile all'organigramma delle "strisciate".

Inoltre il Calcio Napoli non fa nulla per rendersi simpatica. Per accattivarsi giornalisti, federazioni sportive e tifosi.
Non conosce la "captatio benevolentiae". Quest'anno addirittura abbiamo avuto il fuoco amico dei giornalisti "napoletani". Cito ad esempio quel cialtrone di Raffaele Auriemma che quest'anno si è distinto per una inspiegabile crociata anti-Rafa. Il famoso #SpallaASpalla non c'è stato. Mai.
In queste condizioni, converrete con chi scrive, creare "l'ambiente" diventa impresa praticamente impossibile. E senza un ambiente sano e sereno, statene pur certi, non arriveranno manco i risultati.

E credo che di queste considerazioni si dovrebbe far tesoro per ripartire l'anno prossimo con lo spirito di gettare le basi per costruire non soltanto una grande squadra, ma soprattutto una grande società sportiva capace di inorgoglire chiunque abbia la fortuna di indossare quella stupenda maglia azzurra.
Forza Napoli. Sempre.


12 maggio 2015

Sei vecchio quando (4a puntata)

Sei vecchio quando:
In auto con accanto La Riccia e La Bionda. Direzione piscina. Oggi faccio io servizio navetta, Nina è fuori per lavoro tutta la settimana. La Bionda deve spedire una lettera. Sta intrattenendo uno scambio epistolare con una nostra cara amica. Bisogna comprare l'affrancatura.
Fermo l'auto vicino al tabaccaio. 
- "Papà come devo dire?" 
- "Un francobollo posta prioritaria" 
- "Pri??"
- "Prio-ri-ta-ria. Ecco, prendi i soldi. Fai presto"
La Bionda torna poco dopo tutta contenta con stretto in un pugno il resto e nell'altro il francobollo.
- "Bene, affranco io". Dico con sicumera, prendendo la lettera da spedire. E subito dopo srotolo tra le labbra tre quarti di lingua ben irrorati di saliva.
Prendo il francobollo e con gesto abbastanza plateale lo affondo in mezzo alla lingua. E subito ho una sensazione strana, diversa. Manca qualcosa. Passo ad attaccare il rettangolo sulla busta e non v'è alcuna collosità. Resto un attimo attonito.
Giusto il tempo prima che La Riccia con tono tra il rassegnato e l'interrogativo mi dice:
- "Papà, ma il francobollo è autoadesivo!".

1a Puntata
2a Puntata