30 luglio 2023

Tu non sei il tuo lavoro

 L'altro giorno mi si è presentato un reel su Instagram in cui Vincenzo De Luca era intento nella sua attività preferita: inveire. Il video era muto ma c'erano i sottotitoli (sta cosa dei sottotitoli ormai è dilagante, evidentemente nessuno ha più l'audio attivato di default sui video). Insomma, leggendo i sottotitoli capisco che Vecienz' 'a Funtan' sta inveendo contro i test di medicina. Alzo il volume. Lo ascolto. Ogni singola parola è anche la mia. Ho paura. Io e De Luca non condividiamo nulla, anzi, la sua gestione politica è per me criminosa. Tuttavia quelle parole erano le mie. Su cosa? Sui Test di Medicina.

In sostanza Vecienziell' diceva cose sacrosante, che questi test vanno aboliti, che il numero chiuso è una corbelleria, che si è generato un indotto assurdo di centri di preparazione per questi test con prezzi da 5.000€ a salire. Roba che praticamente solo chi ha i soldi può permettersi il lusso di prepararsi durante gli ultimi anni di superiori (altra cosa assurda, stai studiando per prendere la maturità ma contemporaneamente ti prepari per i testi di medicina). E perché tutto questo?

Oggi medicina, insieme a ingegneria, è vista come l'unica facoltà che veramente può garantire un lavoro, garantire il sogno di un tenore di vita alto, garantire serenità. Nonché avere il fascino del rispetto sociale per chi cura la salute altrui. Ed è vero. E quindi ci troviamo difronte ad una richiesta altissima dei ragazzi da una parte e ad una limitazione di risorse universitarie dall'altra.

Ma perché continuiamo a parlare dell'Università in relazione al lavoro? O meglio, è giusto indirizzare e finalizzare lo studio già pensando al lavoro? Non è che stiamo trasformando il momento più importante di apprendimento dei nostri figli in un qualcosa di molto prossimo all'agenzia interinale.

Già c'è quella sciagura dell'Alternanza Scuola Lavoro ora PCTO che ha portato all'interno della scuola dell'obbligo la visione aziendalistica della vita, dove tu sei quello che hai in banca, sei l'auto che guidi, sei i vestiti che indossi. E quindi l'obiettivo non è il sapere, la conoscenza. L'obiettivo è guadagnare.

L'obiettivo è avere soldi, fare tanti soldi, spendere i soldi. Abbiamo quindi pensato bene di inculcare quest'idea nella testa dei nostri figli durante il loro periodo di crescita culturale. Le scelte dei percorsi scolastici o universitari sono nel 90% dei casi dettate e valutate per questo.

E allora cosa c'è di meglio di prospettare al proprio pargolo la via degli studi di medicina? E quindi fin dal quarto anno di superiori si inizia la preparazione dei test. Studi a scuola e studi per i test. Facciamo pure un bell'investimento facendolo andare in una scuola privata a pagamento nata proprio per questo. Preparare i ragazzi per i test di medicina. Per nulla stressante. Per nulla un carico di attese.

E se poi tutto va male, non vi preoccupate. Ci sono le varie UniCusano, Pegaso, UniMercatorum che un titolo di studio e una proclamazione non la negano a nessuno. Basta avere? Esatto! I soldi!

Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, nè il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca. Sei la canticchiante e danzante merda del mondo! (Tyler Durden)
 


18 settembre 2020

Io domenica voterò NO


Scrivo qui per comodità e per esaustività il mio pensiero sul perché voterò con convinzione NO al referendum sul taglio dei parlamentari.


La prima asserzione, cristallina e incontrovertibile è che questo taglio "lineare" della rappresentanza è solamente il climax (triste e mesto) di venti anni di populismo anti-casta all'italiana.
(populismo che ha generato il M5S e ha dato nuova linfa alla quasi defunta Lega Nord)
Un taglio lineare di 345 parlamentari, senza un'organica riorganizzazione dei meccanismi di rappresentanza democratica (Legge Elettorale, Regolamenti Parlamentari, Bicameralismo etc.) ha il solo scopo di portare l'agnello sacrificale sull'altare del qualunquismo e della propaganda populista che individua nella "Casta" (odiosa terminologia in voga nel primo decennio di questo secolo) l'origine di tutti i mali.
Il Parlamento (e la politica in generale) ostaggio di questa narrazione, ha votato (quasi) all'unanimità questa legge senza alcuna obiezione (chi avrebbe mai potuto spiegare un voto contrario?? Non vuoi tagliare "le poltrone"!? Allora sei Casta!!!).
Sono anni che cerchiamo una riforma organica della seconda parte della nostra Costituzione.
Purtroppo non c'è mai stata maturità politica e leadership adeguate per farlo.
Quindi, procediamo a piccole revisioni disorganiche per fini propagandistici (vedi la riforma del titolo V per il federalismo che ha mostrato durante il Lockdown tutta la sua caoticità).


Seconda asserzione, questo taglio lineare della rappresentanza è inutile.
Facciamo raffronti con altri paesi che servono a poco. Chi ha studiato un po' di meccaniche istituzionali, sa bene che ogni Stato è storia a se. Dire "eh ma in Inghilterra ne hanno di meno" non significa nulla.
In questo momento, tagliando il numero dei parlamentari si arriverebbe solo ad avere meno rappresentanza in parlamento, mortificando i partiti minori, dando più potere alle segreterie dei grandi partiti (pensate alle minoranze linguistiche o alle regioni più piccole e/o a statuto speciale).
Un taglio dei parlamentari, inoltre, non risolve il vero problema del nostro parlamento, cioè la qualità (e non la quantità) dei nostri rappresentanti (che votiamo noi, tra l'altro).


Terza asserzione, questo taglio non ci farà risparmiare soldi pubblici.
Le spese per mantenere su il carrozzone del Parlamento (inclusi Camera, Senato, vitalizi etc.) incide annualmente per lo 0,21% sui costi generali dello Stato. Per capirci annualmente a ciascuno di noi, la "democrazia parlamentare" costa un paio di pizze con birra.


Ci sono degli sprechi? Certo. Si può risparmiare? Certo, eticamente è corretto non sperperare soldi pubblici. Ma perché tagliarci l'uccello per far dispetto alla moglie??
Perché non superare questa narrazione da "magliari pezzenti" per cui un parlamentare "è un nostro dipendente" che deve essere pagato poco, deve viaggiare in tram come chiunque (guai usare le auto blu!!!) e che i nostri rappresentanti non debbano essere i migliori perché, tanto, quel lavoro lo può fare chiunque?


Ma basta! Basta! Governare è una cosa seria e richiede competenze e conoscenza della macchina statale e delle dinamiche socio-economiche! La politica richiede competenze e tempo. E queste cose hanno un costo! Ma veramente vogliamo essere rappresentati da chi parla per slogan e affronta i problemi facendosi i selfie???


Però, poi, quando andiamo in ospedale cerchiamo e pretendiamo il miglior chirurgo per noi e i nostri cari. Perché allora non facciamo lo stesso quando eleggiamo i nostri rappresentati?


La Democrazia non può essere gestita con le logiche aziendaliste secondo cui se un lavoro può essere fatto da meno persone allora possiamo licenziare qualcuno e ridurre il personale. La retorica del "Risparmio", unico e solo totem di questa maldestra legge, è un deciso passo verso il baratro in cui stiamo lentamente portando la nostra democrazia.
Il giorno che noi cittadini chiederemo ai nostri rappresentati non più "quanto mi costi? quanto spendi?" ma, ad esempio, "perché in Italia chi è ricco lo è sempre di più e chi è povero rimane tale??", oppure "perché ti sei astenuto nel voto contro Lukashenko?", quello sarà un gran bel giorno.


Per questo, io domenica voterò NO.

27 aprile 2020

Congiunti e Mazziati

Domenica 26 Aprile, ore 20:20.
Il discorso era iniziato abbastanza bene.
“Dovremo convivere con il virus”. Esatto! Dobbiamo convivere col virus!
Ed è l’unica cosa veramente certa e incontrovertibile. Il Sars-Cov-2 (detto amorevolmente il Rompi Cojoni del Secolo) è la costante del sistema. Non essendoci ancora un vaccino e soprattutto non sapendo ancora un emerito cazzo su questo virus (occhio che chi afferma invece di saper qualcosa su questo virus è un pagliaccio), la cosa veramente certa è che da qui ad un tempo indeterminato la nostra esistenza terrena dovrà necessariamente fare i conti con il Sars-Cov-2.
Ma come?
Eh, come? Le aspettative sul discorso del Primo Ministro italiano per illustrare la ormai leggendaria “Fase 2”, erano tutte sul quel “Come”. O almeno la mia aspettativa era questa.
Le variabili del problema sono abbastanza chiare:
  • Il virus c’è e ce lo dobbiamo tenere.
  • Un Lock Down così restrittivo come nella Fase 1 non è pensabile poterlo portare ancora così a lungo perché magari non moriremo di Covid19, ma ci ritroveremo in un inferno sociale che il 1300 era il Paradiso Terrestre.
  • Bisognerà rivedere e/o abbandonare alcuni stili di vita Pre-Pandemia.
  • Questo virus ha una percentuale di letalità altissima nelle persone anziane.
  • In Italia le regioni maggiormente colpite sono quelle del Nord. Nel resto del paese i numeri dell’epidemia sono abbastanza sotto controllo.
Date queste variabili, il candidato cerchi una soluzione organizzativa ottimale per portare il paese dalla Fase 1 alla Fase 2.

Ooocchei. Qui ci vuole uno bravo. Uno specialista.
“Salve, sono Vittorio Colao, risolvo problemi”.
Oooh! Cazzo! Hanno preso Colao! Quello forte! Lo hanno messo a capo della Task Force (uanem’) per pensare ad una “soluzione organizzativa ottimale” della Fase 2. Sono tipo 48 capoccioni (i migliori!) capitanati da Colao, ai quali è stato chiesto di prestare allo Stato la propria intelligenza, chiudersi in uno stanzone (o almeno io così li immagino) con quelle lavagne enormi piene di equazioni differenziali, logaritmi e tutto il resto, a strizzarsi le meningi per analizzare tutte le complessità del Sistema e per uscire con una “soluzione organizzativa ottimale”.


(qui parte anche la musica epica, tipica dei film americani quando una Task Force avanza camminando con effetto rallentato, con sguardo truce ma determinato)

Adesso sarebbe il momento adatto per attaccare il pippone sulla strategia rivelatasi moooolto vincente di mandare in Parlamento una pletora di deficienti senza arte né parte (però honesti!) nel momento in cui stiamo gestendo la più grande pandemia della storia dell’umanità. Tant’è che abbiamo dovuto chiamare degli esperti e attualmente ci sono più Task Force che parlamentari.
E sorvolo sull’amara constatazione di un governo che può fregiarsi di avere come Ministro degli Esteri un semi analfabeta funzionale e come Viceministro dell’Economia una che in precedenza ha gestito un CAF. Ma non è questa la sede. Torniamo a noi.
Dopo il rituale sproloquio su quant’è bello e bravo questo governo, eccolo! Giuseppe Conte inizia a snocciolare la tanto attesa Fase 2. WOW!



E invece.


La Fase 2 è la Fase 1 più casa della suocera e camminata al parco. Insomma, una Fase 1 un poco meglio organizzata. E siamo ad appena 40 giorni di Lock Down.
Adesso immaginate il sottoscritto davanti al televisore di domenica sera con la bocca aperta e la mascella che casca a terra cercando di dire “Macumm’è??”
Iniziano ad affiorare le domande. Confuse. E l’organizzazione sanitaria? Io non ho sentito nulla. Tu hai sentito qualcosa? E i tamponi? Cazzo, ci vogliono tamponi!! La scuola?? Oh!! La Scuola!! E l’App?? L’App Immuni?? A che punto sta? Fammi sentire questo giornalista cosa chiede. Ma cosa cazzo me ne frega del campionato di Seria A!!

In casa è piombato il silenzio. Frenetici messaggi con amici e parenti. Si cercano sicurezze, si fanno domande, si bestemmia. La realtà però è sotto i nostri occhi.
Sarà lunga. Molto lunga. E a governare questo gigantesco problema ci sono personaggi la cui statura intellettuale e morale è pari solo a Sbirulino. Del resto, sono più di vent’anni che in questo paese non si prendono decisioni scomode, figuriamoci adesso col mare in tempesta. Abbiamo sotto gli occhi il disastro del federalismo all’italiana. Ogni regione per conto proprio. Beghe politiche per screditare questo o quello.


Nel mezzo noi, con la nostra pazienza, le nostre paure, la nostra ansia. Assistiamo inermi e non ci capiamo un cazzo. Assecondiamo misure sciocche e cerchiamo di autoconvincerci che invece siano giuste (cercando allo stesso tempo di giustificarle anche allo sguardo dei nostri figli). Ascoltiamo virologi (nuove star televisive) pontificare nel talk show di turno, quando neanche loro ci stanno capendo un cazzo. Perché la scienza non è mai esatta. La scienza è un metodo e quando è chiamata “esatta” non è perché fornisce certezze “teologiche” ma perché è in grado di quantificare le incertezze.


Sentiamo che in altri stati europei le scuole stanno riaprendo. Da noi no. Per noi la scuola è stato il primo degli inutili fastidi da eliminare. Abbiamo liquidato il tutto con “Se ne parla a Settembre”. Quasi come a dire “non ci rompete le scatole, abbiamo ben altro a cui pensare”. Come sempre lungimiranti. Noi sì che la sappiamo lunga.
E insomma. Per adesso abbiamo i congiunti.
Intanto, aspettiamo. Come una gravidanza. In attesa di un accadimento miracoloso.


22 aprile 2020

Immuni e Democrazia

La cosa più stupida e irresponsabile da fare in questo momento è scherzare o buttarla in battute facili sulla questione privacy dell'App Immuni.

Peggio ancora è fare parallelismi con i dati rilasciati sulle piattaforme di servizi online (social, b2c, mail etc.)
La battutina viene facile. È vero, quotidianamente rilasciamo centinaia di informazioni ai colossi dei BigData.
Queste però sono profilature marketing orientend e se chi le colleziona abusa dei miei dati posso ricorrere alle leggi del mio Stato che mi difendono.

Immuni è un App governativa, alias LO STATO (quello che ci dovrebbe difendere), i cui dati non è (ancora) chiaro dove staranno, chi li gestirà e con quale perimetro.
Le informazioni che collezionerà (fate bene attenzione) attengono al nostro stato di salute e con chi abbiamo avuto relazioni di vicinanza.
L'architettura e la strategia di storage scelta è quella centralizzata (non distribuita).
Tradotto: avremo una banca dati governativa piena zeppa di dati di tracciamento sociale e sulla salute dei cittadini.
(se fossimo in un cartoon di robot anni 80 adesso ci sarebbe un lampo con tuono e una risata satanica del cattivo di turno)

Ancora più dubbi arrivano da questa affermazione di Arcuri (quello che ha scelto l'App):
«sarà necessario che questa applicazione si possa connettere al Sistema sanitario nazionale in modo che le autorità sanitarie possano intervenire rapidamente, e non dovrà fornire semplici avvisi agli utenti».
Uhm. Se il Sistema sanitario nazionale dovrà intervenire, sarà necessario sapere "dove" e soprattutto da "chi".
Ma il presidente Conte e la ministra Pisano giurano e stragiurano che l'App non invierà dati personali dell'utente.
Huston, abbiamo qualche incongruenza.

Ok. Il fine, mi direte, è ben più nobile del mezzo. Quest'app sembra a tutti gli effetti essere LA SOLUZIONE.
Installo l'App, Taaaaaac, accendo il Bluetooth, Taaaaac e siamo agilmente in Fase2 (quasi Fase3).
Vi ricordo, giusto per memoria, che questa è una Pandemia. L'App Immuni senza personale sanitario e tamponi a tappeto è utile quanto la trama in un film porno.
(diceva il vecchio saggio che se tutto quello che hai è un martello, ogni problema ti sembrerà un chiodo)

Ma poi, cosa potrebbe mai andare storto in un'App gestita dal Governo italiano? Perché mai avere dei dubbi?
(se non si è capito sono sarcastico, e anche molto)

Già in Olanda, un'App analoga ha messo in chiaro (per errore, sicuramente) i dati sensibili di circa 200 utenti.
https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/internet_social/2020/04/20/in-olanda-falla-app-tracciamento-covid_57d6cb0f-8653-4bde-84e0-cb1db4440cab.html

Quindi, facciamo i seri.
L'App ci può aiutare? Sicuramente.
Ma prima di utilizzarla, noi come cittadini liberi e coscienziosi (non primati saltellanti con pollice opponibile) dovremmo pretendere alcune cosine molto semplici:
  • Codice Open Source.
  • Decentralizzazione del dato (no alla banca dati centrali, sì allo storage solo sui device secondo il protocollo DP-3T).
  • Trasparenza massima sulle modalità di funzionamento e di tracciamento/retantion delle informazioni.
Per chi volesse approfondire vi lascio il link della lettera aperta del Nexa Center for Internet and Society del politecnico di Torino che sottoscrivo in pieno.
https://nexa.polito.it/lettera-aperta-app-COVID19

15 marzo 2020

L'Italia (non) digitale ai tempi del Covid19




Qualche riflessione su questo periodo di quarantena utile, si spera, a superare questa pandemia da Sars-cov-2 (vi ricordo che il virus si chiama Sars-cov-2, Covid19 è la patologia).

In questi giorni sto osservando le mie figlie e le modalità messe in campo dalle scuole per dare una continuità didattica, considerando che le scuole resteranno chiuse per un bel po’.
(vi dico subito che alla gioia dei primi giorni di chiusura, adesso le mie figlie iniziano a rimpiangere la scuola, di svolgere lezioni regolari e soprattutto di stare con i loro amici)

Ma andiamo con ordine. Vi racconto quella che è stata l’evoluzione di questi giorni e che è abbastanza comune anche ad altre famiglie.
La prima mossa di quasi tutti i professori è stata quella di creare un gruppo WhatsApp. Perché ormai è proprio la base per un animale sociale del 21esimo secolo avere uno smartphone con connessione dati e WhatsApp.

Ok. Tutti dentro. 
Wow come siamo moderni. Possiamo fare tutto anche senza vederci. Figo. Pronti via.
Compito assegnato. Un tema (Prof. di Italiano).

Panico.

Come lo condividiamo? Il genitore nerd (io) suggerisce la cosa per lui ovvia. Scrivete su un Word e poi lo inviate alla Prof. via mail.

Semplice, no?

E invece si scoprono le seguenti "zelle" (che in napoletano sta per “lacune”):
  1.  Quasi la metà della classe ha come unico device lo smartphone. Non esiste in casa alcun PC. (da cui il corollario che Word non sanno manco dove stia di casa)
  2. La maggioranza della classe ha come unico collegamento dati quello dello smartphone (confondendo spesso WhatsApp con Internet). La connessione quindi non è mediata da un router.
  3. La quasi totalità dei ragazzi ha poca dimestichezza con l’e-mail.
  4. La quasi totalità dei ragazzi non sa che in fase di configurazione del loro smartphone hanno dovuto necessariamente fornire o configurare una casella di posta elettronica (!!)
  5. Non da meno i professori. Completamente impreparati a questa emergenza. Poca conoscenza degli strumenti di collaborative workspace (WebEx, Teams, Hangouts etc.). Senza precise indicazioni sono partiti per lo più scoordinati seguendo ognuno la propria strada guidati dalla propria buona volontà (ammirevoli, sia chiaro).
  6. Le scuole, per corollario, hanno fornito strumenti di collaboration deboli (Edmodo, Argo etc.) senza un piano per sopperire al divario digitale di molte (troppe) famiglie, non garantendo di fatto il diritto allo studio.
Insomma, a mio modesto parere, stiamo pagando in questo periodo di emergenza, scelte sbagliate fatte in anni passati a vari livelli.

La prima scelta non proprio vincente è stata senza ombra di dubbio puntare tutto sul Mobile First. Ricordiamo che agli inizi degli anni 2000, quando il governo italiano si concentrava sulle gare UMTS e 3G, l’Italia aveva ancora la connessione via cavo più lenta di tutta Europa. Siamo arrivati a colmare il gap negli ultimi anni con un piano di connessione fibra che però vede i suoi limiti nella tecnologia FTTC.

L’altra scelta poco lungimirante è avere lasciato che una generazione intera (la famosa Generazione Z) sia approdata su internet avendo come unico device di riferimento lo smartphone e i social come unica modalità di iterazione (per assurdo sarebbe stato più semplice organizzare una diretta Instagram per fare una lezione che far capire ai ragazzi come utilizzare WebEx).

Alla fine di questo periodo di emergenza, l’Italia dovrebbe fare tesoro di quanto è emerso in questi giorni e affrontare un serio piano di digitalizzazione del paese con alcuni cardini inderogabili: 
  1. La connessione a internet è una commodity alla stregua di Luce, Acqua e Gas. Va garantito in ogni domicilio l’accesso alla rete con un router (senza il quale anche tutta la retorica dell’IoT si va a far benedire).
  2. Le scuole devono per una buona volta affrontare il nodo della digitalizzazione. Che non è solo dotarsi di una connessione internet decente. Parliamo di dotare la scuola di strumenti di collaboration e soprattutto di formare i docenti sull’utilizzo delle più recenti tecnologie di eLearnig.
  3. Lo smartphone non è un “replacement” del PC. Anche qui andrebbe fatta una politica di incentivazione per l’acquisto di un PC in ogni famiglia (così come è stato fatto per il Digitale Terrestre).
  4. La digitalizzazione è un processo che va governato. Non possiamo più permetterci di subire tale processo senza avere un riferimento e una standardizzazione per il settore pubblico.

I momenti di emergenza possono diventare delle inaspettate opportunità, degli acceleratori di processi innovativi. Ecco, il mio augurio è che questo periodo possa diventare un’ottima occasione per iniziare una digitalizzazione del paese seria e soprattutto “governata”.




22 settembre 2019

La tonda avellinese

Quell'anno un'anomala infestazione di cimici verdi aveva compromesso gran parte del raccolto. Il prezzo delle nocciole era immediatamente schizzato alle stelle. La "tonda avellinese" veniva scambiata a quasi cinque euro al chilo, con una resa del quaranta per cento, anche sei. Che enormità, pensava Lelluccio mentre puntava il tubo nel terreno aspirando quell'oro tondo in mezzo al terriccio sabbioso. Tra lui e uno spazzacamino della londra vittoriana non v'era differenza. Lelluccio era nero, ricoperto di polvere, solo le pupille, bianche e sporgenti, lo facevano distinguere dal resto della terra circostante.

Una giornata a raccogliere nocciole veniva pagata cento euro, prezzo che Lelluccio riteneva onesto, anche se poi ci volevano almeno tre giorni per levarsi da tutti gli orifizi quella cazzo di polvere. Quel giorno mentre raccoglieva le nocciole nella terra di Mast'Alberto, Lelluccio mise a frutto gli insegnamenti della professoressa Licata di matematica delle scuole medie e si fece due conti. In mezza giornata avevano già riempito dodici sacconi di iuta da un quintale circa. Lelluccio aiutandosi con le dita delle sue manone, andò, non senza difficoltà, di moltiplicatore. Un sacco, cinquecento euro, ne abbiamo fatti dodici, cinque per due, dieci, riporto uno, cinque per uno cinque, più uno, sei. Seimila euro. E dovevano ancora finire.

Mast'Alberto voleva finire tutto nella giornata. Pagare due giornate non ne valeva la pena. Stava anche lui in mezzo alla polvere e ai macchinari, come un mastino vigilava, gridando e con un bastone in mano, dirigeva i lavori. Appena si completava un sacco, lo portava immediatamente via, stoccato nel magazzino appena fuori la sua terra. Mai far vedere agli operai quanti sacchi sono stati fatti. Quest'anno le sue nocciole erano state già prenotate "sulla pianta" da un emissario di una multinazionale che produce una famosa crema spalmabile. Quelle nocciole miracolosamente risparmiate dalla furia di quegli insetti verdi maledetti, avevano reso Mast'Alberto un uomo felice. Dopo tanti anni di magri guadagni a fronte di spese sempre maggiori per mantenere in piedi quei sette ettari e dispari di terra vulcanica.

Lelluccio con quel tubo in mano sembrava uno della ditta spurghi. Quel macchinario infernale, trainato da un trattore, era a tutti gli effetti una gigantesca aspirapolvere. Si aspiravano le nocciole cadute con tutta la terra. Un setaccio separava, la nocciola finiva in un sacco, la terra veniva sparata in aria creando una nebbia fitta che toglieva l'aria. Lelluccio aspirava con un fazzoletto sul volto legato dietro la nuca che copriva il naso e la bocca. Verso mezzogiorno Mast'Alberto concesse un quarto d'ora di pausa. Lelluccio si andò a sciacquare il viso e si accese una sigaretta. Mentre fumava appoggiato al trattore, vide Mast'Alberto allontanarsi con il suo furgone, con sopra caricati altri cinque sacchi di nocciole. Un sacco, cinquecento, cinque per cinque, venticinque. Duemilacinquecento euro.

Mast'Albe' se volete noi torniamo anche domani, facciamo un servizio pulito. A quella proposta di Lelluccio, il vecchio proprietario terriero diventò paonazzo urlando che si doveva finire tutto nel giorno. Scese in velocità dal suo furgone per ribadire il concetto a tutti gli operai e la caviglia destra si piantò in quella terra sabbiosa facendo torcere la gamba in modo innaturale. Cadde con la faccia a terra, una nocciola gli si piantò in fronte procurandogli notevole dolore. Si lasciò andare alle più fantasiose bestemmie. Gli operai lo sollevarono da terra e lo rimisero in piedi. La caviglia pulsava. Il piede era come anestetizzato. A Mast'Alberto fu subito chiaro che quella era una giornata di merda.

Lellù, io mi fido solo di te. Mo' mi devi aiutare. Lelluccio per quel giorno diventò il responsabile dello stoccaggio dei sacchi di nocciole nel capannone. Avanti e indietro con il furgoncino. Nel capannone lo aspettava Mast'Alberto seduto su una sedia, con la gamba poggiata su un secchio rovesciato, che teneva la contabilità dei sacchi. Lellù, a quale fila siete arrivati? Mast'Albè, ne mancano altre due e abbiamo finito.
Erano quasi le sei del pomeriggio e i sacchi erano centotrentaquattro. Mast'Alberto li aveva contanti e ricontati. Secondo un suo calcolo quest'anno i sacchi potevano tranquillamente superare i centoquaranta. Questo dolce pensiero sortiva l'effetto di antidolorifico per quella caviglia che si gonfiava sempre più.

E con questi siamo arrivati a centoquarantanove sacchi, mammamì. Lelluccio si rifece i suoi conti. Mammamì, ripetette a bassa voce. Mast'Albè, quest'anno è andata proprio bene, è vero? Lellù, metti a posto il furgone e fatti gli affari tuoi. Mast'Albè, ma almeno un regalino extra, ce lo volete fare? Mast'Alberto lo guardò, poi sorrise e infine scoppiò in una grossa risata. Lellù, ma tu che ti credi? Qui ci sono le spese, anni di sacrifici e tu vuoi l'extra? Ma vattenn' 'a fancul'! Stu scem' 'e guerr'! Tiè pigliet' sta cient' euro e ringrazia!
Lelluccio era impietrito. Mentre Mast'Alberto lo insultava, aveva lo sguardo fisso sul finestrone del deposito alle spalle del vecchio latifondista.

Quello che accadde dopo Lelluccio lo dovette spiegare centinaia di volte ai carabinieri, giornalisti, televisioni, paesani e non.
Dal finestrone del deposito, Lelluccio vide un bagliore rosaceo sempre più grande, con una coda infuocata che avanzava verso di loro. Gli scienziati che lo ascoltarono, gli spiegarono che quella cosa era l'asteroide QV89 2006. Poco più di un sasso vagante nello spazio con pochissime, se non nulle, possibilità di impattare con il nostro pianeta.
Invece Lelluccio vide con i suoi occhi quel QV89 2006 entrare nel capannone e centrare in pieno Mast'Alberto che, come dichiarato dall'unico testimone, cioè lui, venne polverizzato nell'impatto insieme a tutto il capannone, nocciole comprese. Lelluccio riuscì a saltare fuori per miracolo. Steso per terra guardava incredulo quell'ammasso di pietre e lamiere. Sentì del caldo lungo le gambe. Si era pisciato addosso. Ma questo non lo raccontò mai a nessuno.

1 settembre 2019

Settembre, quell'ombra gigante


Mi pare di averlo già scritto altrove. Per me Settembre è il vero inizio anno. Tutte quelle cose dei resoconti, tirare linee e fare somme, ecco quelle, mi vengono meglio (e naturali) a inizio Settembre che a Capodanno.

Non scrivo qui sopra da tanto (troppo) tempo. Anche questa cosa l'ho già scritta in un altro post. Credo circa un anno fa. Quindi adesso mi scriverò addosso, ne ho voglia (bisogno?) e quindi lo faccio.

In questo calendario "pinellus" (con anno che quindi parte da Settembre 2018 e si conclude ad Agosto 2019) sono accadute tante cose che possiamo derubricare facilmente alla voce "vita di professionista di mezza età con moglie e figlie adolescenti". Il lavoro in questo periodo della mia vita è diventato abbastanza totalizzante con molte più responsabilità e con la ferma determinazione di creare lavoro anche per altri. Diventare ricco non è nelle mie corde, sono troppo fesso. Però ho capito che il mio lavoro può creare lavoro per altri. Ed è l'atto più politicamente rivoluzionario che sto mettendo in atto in questo periodo.


Ho inoltre riflettuto che se fondassi un movimento politico con al centro le problematiche della gestione dei "Genitori Anziani quando ormai hai una tua vita", potremmo agevolmente arrivare ad un buon 45% di voti. E quest'anno del calendario "pinellus" è stato caratterizzato proprio da tanti problemi in questa sfera. Quindi un anno a contatto con la Sanità Pubblica, corsie di ospedali e sensi di colpa (quelli che vengono quando decidi di fare qualcosa per te e alle tue spalle c'è un'ombra gigante che ti sussurra in un orecchio "papà e mamma stanno da soli a casa e tu non li vai a trovare da settimane, sei una merda!").

Sono quello che vota i partitini del 1,3%. Quando vedete in televisione i risultati elettorali e ad un certo punto arrivano queste cacatelle che uno dice "ma chi è lo sfigato che vota questi partitini??". Eccomi. E ci tengo anche a dire che voto questi partiti residuali anche senza convinzione, quasi col naso turato. Sì, ho le mie idee e la presunzione di avere ragione. Voto chi mi possa rappresentare.
Ed ecco un altro dramma: "La solitudine di chi non sta né con il PD, né con Salvini e tanto meno con quelle merde del M5S ma viene necessariamente incasellato in uno di questi schemi".
Uno dei grandi mali di questi tempi è proprio questa semplificazione nella visione della società portata ai vertici della politica.
Motivo per cui ormai discutere di politica mi annoia e lo trovo squalificante.


A Barcellona ho iniziato a ripetere alle mie figlie di considerare seriamente l'ipotesi di immaginare un loro futuro in questa città.
La qual cosa fa di me un vecchio disilluso che non manca mai l'occasione di ribadire quanto faccia schifo il nostro paese paragonato ad altri paesi europei. Però poi penso che se loro andassero via, a Barcellona, io e Nina rimarremmo da soli qui ad alimentare quell'ombra gigante dietro ad ogni figlio. Ma tanto io e Nina in vecchiaia abbiamo progetti Hippy, da girovaghi. Non dovremmo (e non vogliamo) essere una zavorra per le nostre figlie.

Ma poi spiegatemi una cosa. Vedo che vi state (voi altri)  riempendo di tatuaggi, alcuni cattivissimi, altri con frasi lapidarie, in alcuni casi si vede la mano di veri "scarpari" (un Che Guevara che pareva Alvaro Vitali). A conti fatti la vostra vita è quella che è, anzi, nella maggior parte dei casi l'effetto è quello di somigliare verosimilmente ad un parente stretto dell'organo riproduttivo maschile.


Io e Nina siamo quelli che mettiamo i feltrini sotto le sedie.
Hanno scoperto una correlazione tra il mettere i feltrini sotto le sedie e l'essere un buon pagatore.
Ci abbiamo riflettuto su questa cosa e deve aver a che fare con la propria concezione di stare al mondo. Tendenzialmente noi cerchiamo di non arrecare problemi o disturbo ad altri. Quando scendiamo in una delle splendide calette di Scopello, alle volte torniamo su portandoci appresso non solo la nostra immondizia, ma anche qualcosa abbandonata da altri.
Il me stesso ventenne mi avrebbe preso a botte per quanto sono "precisino".

Le responsabilità. Ecco l'altro fardello. Quello che ad un certo punto capisci che non puoi evitarlo e devi portatelo dietro la schiena. E camminare. In salita. Col caldo. E che sfaccimma!
Responsabilità. E Sensi di Colpa. Quel partito di cui sopra lo potremmo chiamare così.
Responsabilità e Sensi di Colpa.
Il manifesto di noi quarantenni nella gerontocrazia italiana di inizio 21° secolo.


Dite la verità. Quest'ombra gigante dietro l'avete anche voi. Vi parla ogni tanto. E vi dice che siete fuori tempo, da sempre. Sempre in ritardo. Perché quando avete capito le regole del gioco, qualcuno passa e le cambia. Perché toccava a noi da venti anni. Ma ormai siamo vecchi e quindi amen. Che avremmo dovuto mettere le città a ferro e fuoco per reclamare giustizia e pretendere il nostro futuro. Ci siamo persi a riflettere noi stessi nello specchio. Bellissimi. Con quella scritta a inchiostro sull'avambraccio "Never Give Up".

Massimo qualcosa lo aveva intuito, secondo me. Massimo è stato il mio professore di Sistemi Informatici alle scuole superiori. Quando ci faceva lezione e ogni tanto divagava sul mondo, ci esortava proprio a non accontentarci e a lottare, che stava cambiando il mondo (già allora, anni 90). Massimo era uno di quelli che sognava un mondo migliore. E spesso l'ho rivisto in vari incontri tra uomini sognatori. Sempre bello rivederlo e poterci parlare.
Ho saputo la settimana scorsa che Massimo è morto. Dopo una lunga malattia.


Adesso scusatemi, devo continuare la salita.
Potete passarmi quel fardello lì? Quello, sì. Quello enorme e pesante.
Io vado, ci si vede alla prossima sosta.