22 settembre 2019

La tonda avellinese

Quell'anno un'anomala infestazione di cimici verdi aveva compromesso gran parte del raccolto. Il prezzo delle nocciole era immediatamente schizzato alle stelle. La "tonda avellinese" veniva scambiata a quasi cinque euro al chilo, con una resa del quaranta per cento, anche sei. Che enormità, pensava Lelluccio mentre puntava il tubo nel terreno aspirando quell'oro tondo in mezzo al terriccio sabbioso. Tra lui e uno spazzacamino della londra vittoriana non v'era differenza. Lelluccio era nero, ricoperto di polvere, solo le pupille, bianche e sporgenti, lo facevano distinguere dal resto della terra circostante.

Una giornata a raccogliere nocciole veniva pagata cento euro, prezzo che Lelluccio riteneva onesto, anche se poi ci volevano almeno tre giorni per levarsi da tutti gli orifizi quella cazzo di polvere. Quel giorno mentre raccoglieva le nocciole nella terra di Mast'Alberto, Lelluccio mise a frutto gli insegnamenti della professoressa Licata di matematica delle scuole medie e si fece due conti. In mezza giornata avevano già riempito dodici sacconi di iuta da un quintale circa. Lelluccio aiutandosi con le dita delle sue manone, andò, non senza difficoltà, di moltiplicatore. Un sacco, cinquecento euro, ne abbiamo fatti dodici, cinque per due, dieci, riporto uno, cinque per uno cinque, più uno, sei. Seimila euro. E dovevano ancora finire.

Mast'Alberto voleva finire tutto nella giornata. Pagare due giornate non ne valeva la pena. Stava anche lui in mezzo alla polvere e ai macchinari, come un mastino vigilava, gridando e con un bastone in mano, dirigeva i lavori. Appena si completava un sacco, lo portava immediatamente via, stoccato nel magazzino appena fuori la sua terra. Mai far vedere agli operai quanti sacchi sono stati fatti. Quest'anno le sue nocciole erano state già prenotate "sulla pianta" da un emissario di una multinazionale che produce una famosa crema spalmabile. Quelle nocciole miracolosamente risparmiate dalla furia di quegli insetti verdi maledetti, avevano reso Mast'Alberto un uomo felice. Dopo tanti anni di magri guadagni a fronte di spese sempre maggiori per mantenere in piedi quei sette ettari e dispari di terra vulcanica.

Lelluccio con quel tubo in mano sembrava uno della ditta spurghi. Quel macchinario infernale, trainato da un trattore, era a tutti gli effetti una gigantesca aspirapolvere. Si aspiravano le nocciole cadute con tutta la terra. Un setaccio separava, la nocciola finiva in un sacco, la terra veniva sparata in aria creando una nebbia fitta che toglieva l'aria. Lelluccio aspirava con un fazzoletto sul volto legato dietro la nuca che copriva il naso e la bocca. Verso mezzogiorno Mast'Alberto concesse un quarto d'ora di pausa. Lelluccio si andò a sciacquare il viso e si accese una sigaretta. Mentre fumava appoggiato al trattore, vide Mast'Alberto allontanarsi con il suo furgone, con sopra caricati altri cinque sacchi di nocciole. Un sacco, cinquecento, cinque per cinque, venticinque. Duemilacinquecento euro.

Mast'Albe' se volete noi torniamo anche domani, facciamo un servizio pulito. A quella proposta di Lelluccio, il vecchio proprietario terriero diventò paonazzo urlando che si doveva finire tutto nel giorno. Scese in velocità dal suo furgone per ribadire il concetto a tutti gli operai e la caviglia destra si piantò in quella terra sabbiosa facendo torcere la gamba in modo innaturale. Cadde con la faccia a terra, una nocciola gli si piantò in fronte procurandogli notevole dolore. Si lasciò andare alle più fantasiose bestemmie. Gli operai lo sollevarono da terra e lo rimisero in piedi. La caviglia pulsava. Il piede era come anestetizzato. A Mast'Alberto fu subito chiaro che quella era una giornata di merda.

Lellù, io mi fido solo di te. Mo' mi devi aiutare. Lelluccio per quel giorno diventò il responsabile dello stoccaggio dei sacchi di nocciole nel capannone. Avanti e indietro con il furgoncino. Nel capannone lo aspettava Mast'Alberto seduto su una sedia, con la gamba poggiata su un secchio rovesciato, che teneva la contabilità dei sacchi. Lellù, a quale fila siete arrivati? Mast'Albè, ne mancano altre due e abbiamo finito.
Erano quasi le sei del pomeriggio e i sacchi erano centotrentaquattro. Mast'Alberto li aveva contanti e ricontati. Secondo un suo calcolo quest'anno i sacchi potevano tranquillamente superare i centoquaranta. Questo dolce pensiero sortiva l'effetto di antidolorifico per quella caviglia che si gonfiava sempre più.

E con questi siamo arrivati a centoquarantanove sacchi, mammamì. Lelluccio si rifece i suoi conti. Mammamì, ripetette a bassa voce. Mast'Albè, quest'anno è andata proprio bene, è vero? Lellù, metti a posto il furgone e fatti gli affari tuoi. Mast'Albè, ma almeno un regalino extra, ce lo volete fare? Mast'Alberto lo guardò, poi sorrise e infine scoppiò in una grossa risata. Lellù, ma tu che ti credi? Qui ci sono le spese, anni di sacrifici e tu vuoi l'extra? Ma vattenn' 'a fancul'! Stu scem' 'e guerr'! Tiè pigliet' sta cient' euro e ringrazia!
Lelluccio era impietrito. Mentre Mast'Alberto lo insultava, aveva lo sguardo fisso sul finestrone del deposito alle spalle del vecchio latifondista.

Quello che accadde dopo Lelluccio lo dovette spiegare centinaia di volte ai carabinieri, giornalisti, televisioni, paesani e non.
Dal finestrone del deposito, Lelluccio vide un bagliore rosaceo sempre più grande, con una coda infuocata che avanzava verso di loro. Gli scienziati che lo ascoltarono, gli spiegarono che quella cosa era l'asteroide QV89 2006. Poco più di un sasso vagante nello spazio con pochissime, se non nulle, possibilità di impattare con il nostro pianeta.
Invece Lelluccio vide con i suoi occhi quel QV89 2006 entrare nel capannone e centrare in pieno Mast'Alberto che, come dichiarato dall'unico testimone, cioè lui, venne polverizzato nell'impatto insieme a tutto il capannone, nocciole comprese. Lelluccio riuscì a saltare fuori per miracolo. Steso per terra guardava incredulo quell'ammasso di pietre e lamiere. Sentì del caldo lungo le gambe. Si era pisciato addosso. Ma questo non lo raccontò mai a nessuno.

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