“Ma non può restare com’è?”.
“Scherziamo? Questa piazza è ormai in mano ai vandali, ci giocano a pallone, si vengono a drogare, imbrattano le statue, il colonnato…”.
“Qui però ci troviamo di fronte al solito problema dell’educazione al rispetto degli spazi comuni da parte delle classi disagiate…”.
“Non sono quelli del quartiere a fare queste cose, quelli del quartiere la considerano la loro piazza, questi vengono da fuori…”.
“Sul piano storico”, dice uno scrittore, “la piazza è un’invenzione relativamente recente e rappresenta un trauma, perché nasce dallo sventramento di un borgo”.
“Scusate”, dice un altro, “piazza del Plebiscito è sempre stato un luogo centrale ma in realtà esterno, quasi estraneo alla città, un posto per le manifestazioni, per i concerti, per gli eventi speciali”.
Una scrittrice che prende la parola descrive “oasi sceniche” sognando a occhi aperti. L’oasi della musica, l’oasi del teatro, l’oasi della poesia…
“Ma cosa sono praticamente queste oasi?”.
“Non vi interrompete, per favore, e non scendete nei particolari, noi vogliamo solo che liberiate la vostra immaginazione… la prego di continuare…”.
“Delle oasi sceniche come dei grandi contenitori di cultura al centro della piazza”.
“Vi ricordo che con la cultura non si mangia: ci vogliono le grandi firme, le pizzerie, i tavolini dei bar, i banchetti dove si possano vendere le erbe dei Camaldoli o le eccellenze dell’artigianato campano…”.
“Io dico no ai concerti di Elton John… se proprio dobbiamo farli, preferisco Massimo Ranieri…”.
“Vi scandalizzate se pronuncio la parola alberi? Una bella fila di alberi che delimita il perimetro della piazza…”.
Mi faccio ipnotizzare dalle proposte che si accavallano e libero del tutto la mia immaginazione: vedo un grattacielo, un lucido riflettente monolite di quaranta piani calato nel centro esatto della piazza, di fronte al Palazzo Reale.
17 novembre 2014
L'occasione persa
Cristiano de Majo ha scritto per Internazionale un bell'articolo su Napoli.
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