3 maggio 2015

Ginocchia sbucciate

Il segno distintivo che la scuola era finita.
E che era arrivata l'estate e con essa le agognate vacanze: le mie ginocchia sbucciate.
Era il simbolo della ritrovata vitalità e anche del mio precario equilibrio sulla BMX gialla con sella lunga e ben tre marce con leva sul piantone centrale.
Credo di averci ancora i segni. Perché il processo era reiterato. Anche nello stesso giorno.
Caduta, sbucciatura, crosticina, ricaduta, risbucciatura, ricrosticina.
E così via. Per tutto il tempo. Quel meraviglioso tempo di sole e caldo fatto di corse, sudate e anche di tanto ozio.
Quelle escoriazioni sanguinolenti, il dolore procurato, erano necessari. Era il prezzo da pagare per poter frenare bruscamente con annessa sgommata, per scendere le scalinate con la bici, per giocare a pallone in strada con gli amici.
Era il dazio da pagare alla libertà. Alla crescita.

Ricordo ancora quella stradina in discesa di Paestum, affrontata a tutta velocità in bici senza una reale ragione, poi il pedale della bici che tocca terra nel momento esatto dell'inclinazione per la curva ed il mondo che si capovolge. Tutto. Compreso l'ordine delle cose. Io a terra col muso nell'asfalto rovente e la bici sopra di me.
Quel giorno stabilii un nuovo record. Ginocchia, gomiti, mento sbucciati. Escoriazioni e lividi equamente distribuiti su tutto il corpo e, come "Fringe Benefit", le mazzate di mia madre quando mi vide tornare sanguinante tipo San Sebastiano con la bici mezza fracassata portata a mano. Non capii il perché di quell'accanimento pedagogico. "Devi fare attenzione!!" mi gridava mentre mi menava scapaccioni a ripetizione.

Domenica scorsa tutti in bici per le stradine di campagne attorno casa. Sole e prima vera giornata di caldo. Le due figlie avanti. Io e Nina poco dietro affiancati sulle nostre rispettive biciclette. Parliamo e ci gustiamo l'aria rinfrescata dai campi circostanti pieni di alberi in fiore.
Ad un tratto vediamo la bicicletta della Bionda dirigersi inspiegabilmente a tutta velocità contro un muretto a secco sormontato da una rete metallica. Grido "Noooo!!!" mentre i miei occhi assistono con sgomento alla scena di mia figlia che si sfracella con il viso contro la rete, una gamba contro il muretto e l'altra sotto la bici. Arriviamo subito io e Nina a sollevarla da terra. Una marionetta senza più sostegno dei fili. Scomposta per terra, piena di dolori, di graffi e di lacrime.
La rimettiamo in piedi. "Muovi un poco le gambe e le braccia". Sembra ancora tutta sana. Ammaccata, ma niente di rotto. "Ma cos'hai fatto?".
"Mi è entrato un moscerino in un occhio e ho chiuso gli occhi". A quel punto mi è uscito il classico "Devi fare attenzione!!". Però a differenza di mia madre, mi son fermato lì.
Asciugate le lacrime e calmato il singhiozzo, abbiamo fatto capace la figlia a risalire in bici e a tornare a casa. Già a metà percorso di ritorno verso casa ridevamo dell'accaduto tutti insieme.
La libertà qualche volta chiede pegno. Ma ne vale sempre la pena.

p.s. per le escoriazioni dei vostri pargoli in libertà, vi consiglio questo spray che è veramente miracoloso.



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