17 novembre 2013

Esondato (16 Novembre 2013)


Arriviamo verso le 15, tanta pioggia, il timore che non ci sia tanta gente.
Appena il filobus che ci sta trasportando si affaccia su Piazza Garibaldi dall'omonimo Corso, ogni dubbio va via.
Vedo un fiume compatto e senza soluzione di continuità di ombrelli lungo tutto Corso Umberto.
Mamma quanta pioggia. Abbiamo battezzato degnamente la prima manifestazione ufficiale con la famiglia al completo.
Cerchiamo gli altri, che sono già arrivati. E' una lotta serrata a colpi di ombrellate. Ci facciamo largo tra una folla zuppa, felice e festante.
Troviamo momentaneo riparo sotto la pensilina di un negozio di camice.
Esce il proprietario. Un baffone con sguardo torvo. Penso "questo adesso ci caccia". Invece il baffone guarda le bimbe con un sorriso e mi dice "Fann' bbuon', anna' capì sti fetient' che nun ce pon' avvelenà".

Troviamo i nostri. Striscione, ombrelli, sorrisi. C'è anche la Bandabaleno che ci fa sentire il sole e la luce addosso nonostante il cielo oggi sembra proprio non aver altra tonalità che il grigio.
Le bimbe hanno il loro cartello appeso al collo "Basta rifiuti tossici e spazzatura per la strada" e un fischietto tra le labbra per far sentire anche la loro (e come se si sentono, mo a papà però basta...)

C'è un senso di liberazione. Ci incontriamo, ci abbracciamo, sorridiamo. Come dei reduci di ritorno da una guerra. Finalmente in piazza, in corteo. Il solito percorso, quello che ormai conosciamo a memoria. Piazza Mancini (che ogni volta devi spiegare dov'è e alla fine diventa "sott 'a Garibaldi") fino a Piazza Plebiscito.
Rivedi i soliti riti, le solite facce.
C'è il gruppo di studenti con l'immancabile bottiglia di plastica da due litri ricolma di pessimo vino rosso.
Il solitario con cartello al collo "La Camorra è una montagna di merda". Il fotografo che non si perde uno striscione. Quelli col furgone e l'amplificazione da discoteca. Quelli sul carro trainato dal trattore. Quelli della "lotta è dura ma non ci fa paura", del "noi non vogliamo morire", sento anche un "hasta la victoria siempre!".

C'è una voglia palpabile di ritornare a manifestare, di occuparsi del proprio futuro in prima persona.
Siamo tanti. Siamo senza partiti. E' un fiume in piena contro anni di mortificazioni a votare sempre il meno peggio. A giustificare qualcuno solo perché di quel partito.
No. Basta. Oggi è un rito collettivo di liberazione. Le cambiali in bianco firmate negli ultimi venti anni sono scadute.
Guardo questo fiume di gente e mi domando chi potrà mai rappresentare nelle istituzioni questo movimento.
Intanto ci dicono che la testa del corteo è già giunto a Piazza Plebiscito. Noi che stiamo all'inizio di Corso Umberto. Minchia.

Passano davanti a noi un gruppo di NeoBorbonici e i Briganti. Per loro la causa di tutti i nostri mali è stata l'unità d'Italia. Fanno parte anche loro del movimento. Sono abbastanza perplesso.
C'è spazio per tutti i movimenti. Ma proporre come soluzione l'indipendenza del Sud, mi suona un tantino come una cazzata.

Arriviamo abbastanza stremati in Piazza Plebiscito. Buia. C'è un palco. Tanta, tantissima gente. A stento si sentono gli interventi.
Ha smesso di piovere. Siamo umidicci ma felici. "Papà, una cioccolata calda!". Sì, ve lo meritate. Ce lo meritiamo.
Camminiamo a ritroso verso Piazza Municipio. Incontriamo ancora tanta gente che va verso la fine del corteo.
Un signore fuori un centro Snai, guarda con aria sfottuta il corteo passare. Estrae dalla tasca un pacchetto di sigarette, ne estrae una, l'ultima. La porta alla bocca.
Contemporaneamente appallottola il pacchetto e lo getta a terra.
"Dicono che siamo 150.000".
Forse non bastano, penso.

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