Tutelare il lavoratore dal licenziamento senza giusta causa o discriminatorio, è sacrosanto e non è certo in discussione.
Faccio però fatica a capire la strenua battaglia della CGIL sull'Articolo 18.
Attualmente l'Articolo 18 non è un "diritto universale" come ci vogliono far credere i sindacati.
L'Articolo 18 fin dalla sua nascita (1970) è applicabile solo se hai la fortuna di lavorare a "tempo indeterminato" in un'azienda con più di 15 dipendenti.
Praticamente un privilegio per pochi. Se poi sei un lavoratore nel sud dell'Italia è praticamente nullo.
Insomma stiamo sprecando tempo ed energie per difendere un totem in un periodo di crisi in cui anche i contratti a tempo indeterminato risultano precari.
Provate a parlare di sindacato e articolo 18 ai ragazzi che lavorano con i contratti atipici, ai lavoratori di aziende in crisi e in procinto di chiudere, alle donne con le "dimissioni in bianco", ai nuovi emigranti del sud italia.
Cara CGIL, così come con la TAV in Val di Susa, anche sull'Articolo 18 stai prendendo una cantonata.
La vera sfida non è la conservazione del posto di lavoro ma la dignità del lavoratore.
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