Il problema sta nel fatto che esistono persone al mondo che hanno necessità di viaggiare, o per salvarsi la pelle o per cercare una vita migliore, ma non hanno il diritto di farlo perché altre persone, la cui pelle e la cui vita sono tendenzialmente molto più al sicuro della loro, hanno deciso di negarglielo. Queste persone non stanno ferme a casa a rispettare l’ordine di quelli che stanno bene. Cercano di raggiungere le terre dove stanno quelli che vorrebbero impedirglielo. E siccome in mezzo al viaggio trovano ostacoli naturali e soprattutto militari (le operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina di cui sopra) allora si fanno aiutare da gente che dà a loro qualche sgangherato e pericoloso mezzo per superare quegli ostacoli e che per farlo si fa pagare caro puntando sulla loro disperazione e sulla corruttibilità di buona parte degli operatori coinvolti nei controlli delle frontiere. [...] Ma ci siamo mai chiesti una cosa semplicissima: quando si riducono gli arrivi illegali nel territorio europeo dove finiscono le persone che abbiamo fermato e respinto? Pensiamo davvero che tornano a casa e rinunciano al viaggio perché hanno scoperto che è illegale? No, si rimettono in viaggio, se riescono a sopravvivere alle prigioni e alle torture dei Paesi extra-europei (Libia, Tunisia, Egitto,Turchia, Ucraina, Bielorussia e altri) a cui le nostre polizie li affidano, pagando salatamente il servizio.Dopo la tragedia di Lampedusa, ecco delle buone idee che rispondono alla domanda "Cosa possiamo fare?" Articolo da da leggere per intero. Lo trovate qui:
http://www.meltingpot.org/Dopo-la-tragedia-di-Lampedusa-A-noi-la-scelta.html
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