[...] Ad oggi il progetto approvato rimane un insediamento monoetinco di case, con alcuni orpelli di architettura “sociale” e bioedilizia, una sorta di nuovo campo rom 2.0. Un progetto non in linea con la strategia nazionale d’inclusione per rom e sinti e camminati del 2012 e quindi con le indicazioni Ue che chiaramente nel suo asse d’intervento sull’abitare n. 4 chiede il superamento di grandi insediamento mono-etnici. 75 alloggi non sono certo un piccolo insediamento. Eppure in questi ultimi due anni l’amministrazione ha avuto modo di riflettere: con il progetto STAR (Strategy to adovcate Roma intagration in Italy, finanziato da Open Society Foundation) ha sperimentato il lavoro di un gruppo di ricerca interno al Comune di Napoli, composto da referenti dei diversi assessorati coadiuvati da ricercatori esterni, per identificare strumenti e metodologie atte ad affrontare in modo consapevole e adeguato le problematiche e le possibilità relative alla “questione rom”, in chiave interdisciplinare e non emergenziale. La ricerca ha mostrato con evidenza che gli insediamenti mono-etnici non sono la soluzione ai problemi di autonomia e di integrazione della comunità rom, anzi al contrario ne sono una causa. [...]Vi segnalo sulla rivista culturale Gli Asini, l'articolo molto interessante di Marco Marino che da anni lavora con Chi Rom e Chi No all'integrazione dei bambini del Campo Rom di Via Cupa Perillo a Napoli.
23 maggio 2014
Ghetti 2.0
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