13 ottobre 2014

illetterati

Vi chiedete mai il motivo e lo scopo della nostra esistenza?
Domanda complessa, eh? Tranquilli. Non dovete rispondere adesso. Ci torneremo dopo.
Siamo migliorati tanto. Se ci giriamo a guardare cosa eravamo settanta anni fa, facciamo fatica a credere che quelle persone potessero essere i nostri nonni o i nostri genitori.
Oggi siamo tutti più belli, sani, alti, mediamente ben vestiti e nettamente più ricchi. Dovremmo essere anche più istruiti e di conseguenza più liberi e felici.

No, non lo siamo. E per spiegarci il perché di questo strano fenomeno è stato coniato il termine "analfabetismo funzionale". Che in pratica significa che è vero che oggi rispetto a settanta anni fa sappiamo (quasi) tutti leggere, scrivere e far di conto, ma che quasi la metà di noi non sa come applicare queste capacità nella vita quotidiana.
In parole povere, la nostra scuola dell'obbligo è una chiavica, gli insegnanti sono incapaci e le differenze tra i ceti sociali restano inevitabilmente inchiavardate (per nascita) alle tre dimensioni weberiane della ricchezza, prestigio e potere.

Per chiarire il concetto, stiamo parlando di comprensione di un testo scritto, difficoltà nello scrivere frasi di senso compiuto e grammaticalmente corrette, in alcuni casi difetti di pronuncia.
E non possiamo non pensare che il grande disordine sotto il nostro cielo, disordine che in questi ultimi tempi s'è fatto più evidente, non sia in parte dovuto anche a questo (e se hai colto al volo l'ultimo periodo infarcito orridamente di negazioni logiche, sei messo meglio di tanti)

Insomma, siamo più belli, sani, alti, mediamente ben vestiti, nettamente più ricchi ma restiamo illetterati come (e forse peggio) di settanta anni fa. Con l'aggiunta di un analfabetismo emotivo, ignoranza dei (buoni) sentimenti e del senso di comunità.
Siamo capaci con estrema naturalezza di cojonare ed emarginare un nostro simile perché grasso o non conforme agli attuali standard di bellezza e mostrare poi estrema commozione davanti ad un cucciolo di animale.
Relativisti e clementi con noi stessi e i nostri cari. Assoluti e severi nel giudicare l'operato altrui.

Ho sempre odiato quelli che prima era meglio. No, non lo era.
Ma credo che l'orrore della guerra è stato maestro eccezionale. Chi è passato per quella scuola, porta con se un intimo senso dell'essenziale associato alla consapevolezza che la partecipazione e la solidarietà sono le fondamenta del nostro vivere insieme.

Diversamente, pensateci, ci resta veramente ben poco.
E diventa, soprattutto, estremamente difficile dare un risposta alla domanda riportata nella prima riga di questo post che, anch'esso, è abbastanza confuso.
(ma voi una risposta alla prima domanda, ce l'avete?)

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